Lo Yoga Taravali di Adi Shankara

gennaio 29, 2021


di Marco Sebastiani

Lo Yoga Taravali è considerato dal padre dello yoga moderno,  T. Krishnamacharya, una pietra miliare al pari dei sutra di Patanjali. Viene tradizionalmente attribuito ad Adi Shankara, chiamato anche Shankaracarya, il fondatore della scuola indiana Vedanta, una delle sei scuole ortodosse, tra le quali è anche lo yoga [confronta a riguardo: Lo yoga e le altre 5 darshana indiane ]. I primi due versi corrispondono al mantra di apertura dell'ashtanga yoga, donato da T.K. a Pattabhi Jois, proprio in onore a questa opera. Il testo è molto attuale e di interesse per i praticanti moderni, tratta infatti, tra le altre cose, di respirazione e bandha, di pranayama e di dristi, di esclusione degli organi di senso, di meditazione e liberazione.

Da cosa deriva il termine Yoga Taravali, योगतारावली ? Tara significa stella. Avali è una linea. Così Yoga Taravali è interpretabile come una linea di insegnamenti sullo yoga e un lignaggio di maestri che servono come luci splendenti sul sentiero di qualsiasi praticante. Questa successione di un unico maestro dai tempi antichi fino al presente è tipico dell'India e dello yoga, fino ai nostri giorni ed è chiamato parampara, परम्परा, lignaggio, termine che significa anche'esso "linea ininterrotta". Il moderno vaneggiare in ambiente americano sull'inutilità dei guru e sull'abuso del ruolo, non tiene sicuramente in conto quanto il parampara sia strettamente connaturato allo yoga e mira principalmente a screditare i maestri indiani aprendo definitivamente il campo alla vendita dei remuneratvi corsi per insegnanti. Ma non divaghiamo.

Non ci sono noti studi o traduzioni in Italiano di questa opera,  mentre in lingua inglese i testi di riferimento sono Adi Sankara's Yoga Taravali di T K V Desikachar, al momento esurito e di difficile reperimento, e l'articolo di Jason Birch The Yogataravali and the Hidden History of Yoga, sulla rivista Namarupa, priva però della traduzione del testo. La traduzione inglese è presente in diverse pubblicazioni indiane, tra cui quella di Swami Narasimhananda sulla rivista Prabuddha Bharata di gennaio 2019.

Potreste aver sentito dire che lo Yoga Taravali è un testo inimitabile perché unisce il Raja Yoga, perfetto, ma troppo speculativo, con l'Hatha Yoga tantrico, perfetto anch'esso, ma troppo sbilanciato sull'incarnazione dello yoga fisico. Questa interpretazione è sicuramente molto suggestiva, ma deve essere inquadrata storicamente. Arriviamo quindi al problema della datazione dell'opera. Esistono due teorie. La prima, il cui propugnatore è, tra gli altri, Jason Birch, afferma che, se fosse composta realmente da Adi Shankara, risalirebbe all'VIII secolo d.C., e rappresenterebbe un unicum nel panorama indiano, in quanto anticiperebbe tutte le tematiche del Raja Yoga descritto nell'Amanaska, databile con più certezza al XII secolo, e soprattutto quelle del tantrismo delle stesso periodo. Cerchiamo di vedere leggermente oltre. Il Dattātreyayogaśāstra (12-13 sec.) e l'Amaraughaprabodha (XIV sec.) già combinavano Haţha e Rājayoga in una relazione gerarchica, dal primo verso il secondo, più elevato, ma lo Yogataravali ha cambiato questa relazione gerarchica in un modo sottile ma molto significativo. Lo yoga Taravali crea un sistema nel quale l'Haţha Yoga diviene l'unico mezzo per arrivare al Rājayoga, per tutti i praticanti. In tal modo, le pratiche fisiche di Haţhayoga diventano indispensabili per raggiungere il samadhi, obiettivo di tutte queste scuole. Queste parole risuoneranno con particolare enfasi per chi ha confidenza con gli insegnamenti di Krishnamacharya o con l'ashtanga del maestro Jois. Nel quindicesimo secolo l'Haţhapradīpikā adotterà uno schema simile di mutua dipendenza tra Haţha e Rāja Yoga, nonchè alcune pratiche confrontabili. Datare lo Yogataravali all'VIII secolo, è quindi secondo Birch inesatto, collocandosi naturalmente l'opera tra il XII secolo, dopo la redazione del Dattātreyayogaśāstra e il XV secolo, prima cioè dell'Hatha Yoga Pradipika.
La seconda teoria propende per la datazione antica, all'VIII secolo, ed è propugnata da moltissimi autori, preponderantemente indiani, tra i quali Desikachar, Evelyn Einhäuser, ma soprattutto dalla moderna scuola Vedanta. Questa è una scuola religiosa e quindi pone la questione non su di un piano storico: "Le opere principali che confutano l'ascrizione di Adi Shankara come autore sono di occidentali che pensano in modo logico, senza meditare e quindi non ottengono una visione adeguata. Alcuni critici hanno una mente di parte. Per aggiungere benzina al fuoco, l'autenticità delle opere attribuite ad Adi Sankara è stata inizialmente messe in discussione dagli occidentali che hanno preso l'iniziativa nello studio critico, ciò ha divampato il fuoco tra gli studiosi indiani, sposando le affermazioni delle sampradaya rivali [NdR.: scuole tradizionali rivali] , sfruttate dagli studiosi occidentali. (...) Ci sono oltre 400 opere diverse attribuite ad Adi Sankara. Molti studiosi orientali e occidentali hanno espresso le loro preoccupazioni circa le opere che vengono attribuite ad Adi Sankara, ma sono in realtà per la maggior parte composte dal grande acharya [NdR: maestro]. Ci sono molte ragioni per queste ipotesi. Gli occidentali possono non avere secondi fini, ma i ricercatori, per natura, sono soggetti al dominio dei sensi a meno che non siano auto-realizzati. Una persona in questa condizione, che crede nel ragionamento logico, non può immaginare qualcosa che la sua mente non possa comprendere razionalmente, né può accettare cose che non sembrano essere praticamente possibili, mettendo a confronto le proprie capacità e lo straordinario sforzo e il tempo necessari per comporre qgli inni di Shankara." Lo Yogataravali è per loro sicuramente ascrivibile ad Adi Shankara in quanto: "così attesta il colophon di tutti i manoscritti, ovvero la nota introduttiva a margine; lo stile di scrittura, il chanda [NdR: la metrica], la terminologia, la grammatica, ed altri elementi sono incontrovertibili; i commenti secondari di famosi successori della tradizione Advaita citano riferimenti incrociati a questa opera in un modo che avvalora la nostra tesi; etc. "
Diciamo che la questione sconfina dai margini accademici per divenire una diatriba di approccio verso lo yoga. Diremo che, alle volte, adottando un approccio esclusivamente scientifico, che comunque è quello che sposiamo in questa rivista, si rischia di rovinare la magia e la mistica dietro le opere, così come erano nel loro utilizzo originario. Non dimentichiamoci che i testi originali sono spesso in versi, vengono cantati in metrica, sono volutamente criptici, intendono essere evocativi, suggerire, far sentire, parlano di ascesi e stordimento dei sensi e non sono manuali scientifico-filosofici. E' però vero che senza una datazione storica e un approccio storicista preciso risulta più difficile orientarsi nel significato dei termini e dell'intera opera. Banalmente, prima del X secolo i termini Hatha Yoga e Raja Yoga sono difficilmente attestati con il significato che viene attribuito nello Yogataravali.
Diremo quindi che l'opera può essere inquadrata nella corrente filosofica di Adi Shankara e nel non-dualismo caratteristico del Vedanta, con un fascino non trascurabile. Se sia stata scritta nel 700 o nel 1200, lasciamo ad ognuno la propria interpretazione e i propri significati, che saranno differenti per un accademico occidentale, per un fedele dell'induismo advaita e per un praticante di yoga.

Saremo comunque molto cauti nella definizione dei "termini chiave" dell'opera. In particolare, ad esempio, per quanto riguarda i nomi e la localizzazione fisica dei chakra. Non abbiamo infatti certezza che i vari mulandhara, anahata, etc. - in tempi moderni sicuramente fatti coincidere con i chakra - avessero al tempo la medesima rappresentazione, che probabilmente questa opera ha comunque contribuito a creare. Verrà quindi sempre riportato il nome originario, unitamente però alla traduzione letterale del termine. Ad esempio anahata non sarà reso con "il chakra del cuore", ma con "il suono senza suono", an ahata = il non udito, essendo anche attestato in questa chiave sia in Patanjali che nei Veda. [cfr.: I chakra tradizione o new age]. 

In modo analogo, è forse necessario specificare che il termine prana può essere inteso sia semplicemente come "soffio" o "aria", facendo riferimento agli esercizi di inspirazione, espirazione ed apnea, descritti nell'opera, sia come "energia" o "energia vitale". Sembrerebbe quindi indicare propriamente entrambe le cose. Spesso si è compiuta questa specificazione, per non lasciare termini solamente in sanscrito. Raja Yoga, seppure termine tecnico e conosciuto, al suo primo utilizzo si è reso in italiano come "metodo divino" ed anche, come canonicamente tradotto, con "yoga regale", giocando sul doppio significato del termine rajan e sulla vicinanza di un riferimento a Vishnu nel caso in questione. Infine manonmani, termine divenuto in molta letteratura sinonimo di samadhi, o ricongiungimento, illuminazione e liberazione, riteniamo sia facilmente riconducibile alla sua traduzione letterale: manas-ut-manas, la mente sopra la mente (gli appassionati di sanscrito coglieranno il doppio sandhi: mana+ut = manot; ut+mana=unmana, da cui manonmani).

Come vedremo lo Yoga Taravali descrive in modo molto dettagliato un esercizio di pranayama, ovvero di gestione del respiro e dell'energia, un processo mediante il quale le tre chiusure fisiche o bandha, che grossolanamente possiamo descrivere come contrazione del pavimento pelvico, dell'addome e flessione del mento, vengono praticate durante la ritenzione deliberata del respiro, kumbhaka, per determinare un tipo speciale di apnea chiamata Kevala Kumbhaka. Questa tecnica è presente, in termini paragonabili, sia in Patanjali (YS: 2.49-52) che nell'Hathayogapradipika (HYP:1.41-43, 2.7-12). Nello Yoga tārāvalī, Kevala Kumbhaka è il meccanismo centrale che collega Hatha e Rajayoga ed è una delle parti preponderanti dell'opera.

Esistono differenze tra i vari manoscritti dell'opera, seppure non sostanziali, ad eccezione dell'ultimo verso. Se ne propone una versione attestatasi come preponderante, quella del manoscritto di Jagannath a Gadarwara, in caratteri devanagari e traslitterazione IAST, International Alphabet of Sanskrit Transliteration. Il verso originario viene diviso ulteriormente in due perché in questo modo vi è una strabiliante somiglianza con il metro endecasillabo greco, latino ed italiano. La recitazione risulta così al nostro orecchio molto musicale e così l'abbiamo sentito recitare in India. Anche alcuni inni del RigVeda presentano un metro simile, il tristubh, metro vedico appunto formato da quattro endecasillabi (cfr.:Inno 129, Inno della creazione, in quartine di 44 sillabe). Sarebbe molto bello approfondire le radici storiche di queste somiglianze o se esistano studi dettagliati riguardo, ma lo riserviamo ad un nuovo articolo. Per gli approfondimenti si rimanda nel frattempo a Antoine Meillet, Les origines indo-européennes des mètres grecs, Parigi 1923, e al Chandonusasana, un trattato di prosodia (studio della metrica) sanscrita.

आदिशंकराचार्यकृत योगतारावली

Adi-Shamkara-acarya-krita Yogataravali

Il percorso delle stelle dello yoga del maestro realizzato Adi Shamkara

वन्दे गुरूणां चरणारविन्दे
संदर्शितस्वात्मसुखावबोधे।
जनस्य ये जाङ्गलिकायमाने
संसारहालाहलमोहशान्त्यै।। 1।।

vande gurūṇāṃ caraṇāravinde
sandarśita-svātma-sukhāva-bodhe |
janasya ye jāṅgalikāya-māne
saṃsāra hālāhala mohaśantyai ॥१॥

Mi inchino ai piedi di loto del Maestro che ha rivelato la felice conoscenza del proprio sé, Atman, e che, come l'incantatore di serpenti, rimuove l'illusione delle persone causata dal veleno del mondo materiale, samsara. (YT.1)


सदाशिवोक्तानि सपादलक्ष-
लयावधानानि वसन्ति लोके।
नादानुसंधानसमाधिमेकं
मन्यामहे मान्यतमं लयानाम्।। 2।।

sadāśivoktāni sapādalakṣa-
layāvadhānāni vasanti loke।
nādānusaṃdhānasamādhimekaṃ
manyāmahe mānyatamaṃ layānām।। 2।।

In questo mondo esistono cento e venticinque mila meditazioni proprie dello yoga della dissoluzione, layayoga, raccontate dal Signore Shiva. Di queste, conduce alla migliore ricongiunzione, samadhi, quella sul suono senza suono, anahata. (YT.2)

 
सरेचपूरैरनिलस्य कुम्भैः
सर्वासु नाडीषु विशोधितासु।
अनाहताख्यो बहुभिः प्रकारै-
रन्तः पृवर्तेत सदा निनादः।। 3।।

sarecapūrairanilasya kumbhaiḥ
sarvāsu nāḍīṣu viśodhitāsu।
anāhatākhyo bahubhiḥ prakārai-
rantaḥ pṛvarteta sadā ninādaḥ।। 3।।

Il suono definito anahata sorge internamente in modo continuo quando tutti i canali energetici, nadi, vengono purificati, attraverso espirazione, inspirazione e apnea. (YT.3)


नादानुसंधान नमोऽस्तु तुभ्यं
त्वां साधनं तत्त्वपदस्य जाने।
भवत्प्रसादात्पवनेन साकं
विलीयते विष्णुपदे मनो मे।। 4।।

nādānusaṃdhāna namo'stu tubhyaṃ
tvāṃ sādhanaṃ tattvapadasya jāne।
bhavatprasādātpavanena sākaṃ
vilīyate viṣṇupade mano me।। 4।।

Oh meditazione sul suono anahata, mi inchino a te. So che sei l'obiettivo finale e conduci alla verità. Per tua grazia, la mia energia, prana, il mio respiro e la mia mente si uniscono nella suprema dimora di Vishnu. (YT.4)


जालन्धरोड्यानननमूलबन्धा-
ञ्जल्पन्ति कण्ठोदरपायुमूलान्।
बन्धत्रयेऽस्मिन्परिचीयमाने
बन्धः कुतो दारुणकालपाशात्।। 5।।

jālandharoḍyānananamūlabandhā-
ñjalpanti kaṇṭhodarapāyumūlān।
bandhatraye'sminparicīyamāne
bandhaḥ kuto dāruṇakālapāśāt।। 5।।

Le serrature energetiche, bandha, di jalandhara, la chiusura del sollevamento della rete, uddyana, la chiusura verso l'alto, e mula, la chiusura della radice devono essere praticati rispettivamente: nella gola, nello stomaco e alla base dell'ano. Chi conosce e pratica correttamente questi tre blocchi energetici, come può essere legato dal crudele cappio del tempo?
(YT.5)

ओड्यानजालन्धरमूलबन्धै-
रुन्निद्रितायामुरगाङ्गनायाम्।
प्रत्यङ्मुखत्वात्प्रविशन्सुषुम्नां
गमागमौ मुञ्चति गन्धवाहः।। 6।।

oḍyānajālandharamūlabandhai-
runnidritāyāmuragāṅganāyām।
pratyaṅmukhatvātpraviśansuṣumnāṃ
gamāgamau muñcati gandhavāhaḥ।। 6।।

Quando le serrature energetiche di uddyana, jalandhara e mula risvegliano il serpente donna, kundalini, l'aria si sposta verso il basso, verso il canale centrale di energia che scorre lungo la colonna vertebrale, sushumna nadi, e smette di uscire e di entrare. (YT.6)


उत्थापिताधारहुताशनोल्कै-
राकुञ्चनैः शश्वदपानवायोः।
संतापिताच्चन्द्रमसः पतन्तीं
पीयूषधारां पिबतीह धन्यः।। 7।।

utthāpitādhārahutāśanolkai-
rākuñcanaiḥ śaśvadapānavāyoḥ।
saṃtāpitāccandramasaḥ patantīṃ
pīyūṣadhārāṃ pibatīha dhanyaḥ।। 7।।


In questo modo il praticante glorificato beve il nettare dell'ambrosia, discendente dalla Luna, che è stato riscaldato grazie alla costante compressione dell'aria espirata, apana, da cui si accendono le fiamme del fuoco della radice alla base dell'esistenza, muladhara. (YT.7)

बन्धत्रयाभ्यासविपाकजातां
विवर्जितां रेचकपूरकाभ्याम्।
विशोषयन्तीं विषयप्रवाहं
विद्यां भजे केवलकुम्भरूपाम्।। 8।।

bandhatrayābhyāsavipākajātāṃ
vivarjitāṃ recakapūrakābhyām।
viśoṣayantīṃ viṣayapravāhaṃ
vidyāṃ bhaje kevalakumbharūpām।। 8।।

La pratica unidirezionale della sospensione del respiro assoluta, kevala-kumbhaka, nasce dalla pratica dei tre blocchi energetici menzionati in precedenza. Questa apnea, kevala-kumbhaka, è priva di espirazione, rechaka, e inspirazione, puraka, e prosciuga il flusso ininterrotto delle percezioni, proveniente dagli organi di senso. (YT.8)

अनाहते चेतसि सावधानै-
रभ्यासशूरैरनुभूयमाना।
संस्तम्भितश्वासमनःप्रचारा
सा जृम्भते केवलकुम्भकश्रीः।। 9।।

anāhate cetasi sāvadhānai-
rabhyāsaśūrairanubhūyamānā।
saṃstambhitaśvāsamanaḥpracārā
sā jṛmbhate kevalakumbhakaśrīḥ।। 9।।

Quando la mente è fissata sul suono senza suono, anahata, allora vengono interrotti i movimenti del respiro e della mente. In questo stato si vede chiaramente lo splendore della ritenzione del respiro assoluta, kevala-kumbhaka. Questo splendore può essere sperimentato dai praticanti, sadhaka, attenti. (YT.9)


सहरुाशः सन्तु हठेषु कुम्भाः
संभाव्यते केवलकुम्भ एव।
कुम्भोत्तमे यत्र तु रेचपूरौ
प्राणस्य न प्राकृतवैकृताख्यौ।। 10।।

saharuāśaḥ santu haṭheṣu kumbhāḥ
saṃbhāvyate kevalakumbha eva।
kumbhottame yatra tu recapūrau
prāṇasya na prākṛta-vaikṛtākhyau।। 10।।

Sebbene siano analizzati nei testi dell'Hatha Yoga migliaia di ritenzioni del respiro, kumbhaka, solo quella assoluta, kevala-kumbhaka, è stata riconosciuta come la migliore, perché in questa più grande apnea, l'energia che fuoriesce con l'esalazione naturale, prana rechaka prakrita, , e l'energia che entra con l'inspirazione modificata, prana puraka vaikrita, non esistono. (YT.10)


त्रिकूटनाम्नि स्तिमितेऽन्तरङ्गे
खे स्तम्भिते केवलकुम्भकेन।
प्राणानिलो भानुशशाङ्कनाडौ
विहाय सद्यो विलयं प्रयाति।। 11।।

trikūṭanāmni stimite'ntaraṅge
khe stambhite kevalakumbhakena।
prāṇānilo bhānuśaśāṅkanāḍau
vihāya sadyo vilayaṃ prayāti।। 11।।

Quando la mente è ferma nella ritenzione del respiro assoluta, kevala-kumbhaka, l'energia, prana, abbandona il canale energetico solare e quello lunare, e si dissolve nel calmo spazio interiore che ha tre vertici, trikuta. (YT.11)

प्रत्याह्मतः केवलकुम्भकेन
प्रबुद्धकुण्डल्युपभुक्तशेषः।
प्राणः प्रतीचीनपथेन मन्दं
विलीयते विष्णुपदान्तराले।। 12।।

pratyāhmataḥ kevalakumbhakena
prabuddhakuṇḍalyupabhuktaśeṣaḥ।
prāṇaḥ pratīcīnapathena mandaṃ
vilīyate viṣṇupadāntarāle।। 12।।

Il prana, che rimane dopo essere stato consumato dalla kundalini risvegliata, con la ritenzione del respiro assoluta, kevala-kumbhaka, lentamente si dissolve nel canale energetico centrale nello spazio intermedio del Signore Vishnu. (YT.12)

निरङ्कुशानां श्वसनोद्गमानां
निरोधनैः केवलकुम्भकाख्यैः।
उदेति सर्वेन्द्रियवृत्तिशून्यो
मरुल्लयः कोऽपि महामतीनाम्।। 13।।

niraṅkuśānāṃ śvasanodgamānāṃ
nirodhanaiḥ kevalakumbhakākhyaiḥ।
udeti sarvendriyavṛttiśūnyo
marullayaḥ ko'pi mahāmatīnām।। 13।।

La ritenzione del respiro assoluta, kevala-kumbhaka, induce una limitazione del movimento ascendente incontrollato del respiro. Questo processo, in alcune persone sagge, provoca la dissoluzione dell'aria. Tale dissoluzione libera dal disturbo di tutti i sensi. (YT.13)

न दृष्टिलक्ष्याणि न चित्तबन्धो
न देशकालौ न च वायुरोधः।
न धारणाध्यानपरिश्रमो वा
समेधमाने सति राजयोगे।। 14।।

na dṛṣṭilakṣyāṇi na cittabandho
na deśakālau na ca vāyurodhaḥ।
na dhāraṇādhyānapariśramo vā
samedhamāne sati rājayoge।। 14।।

Quando si è sviluppato adeguatamente il metodo divino, o yoga regale, Raja Yoga, non è più necessario concentrarsi su di un punto, dristi, nè controllare la mente, nè osservare la durata e il numero di respiri. Non è necessario regolare il respiro nè sforzarsi per raggiungere la concentrazione, dhāraṇā, o la meditazione, dhyāna. (YT.14)

अशेषदृश्योज्झितदृङ्मयाना-
मवस्थितानामिह राजयोगे।
न जागरो नापि सुषुप्तिभावो
न जीवितं नो मरणं विचित्रम्।। 15।।

aśeṣadṛśyojjhitadṛṅmayānā-
mavasthitānāmiha rājayoge।
na jāgaro nāpi suṣuptibhāvo
na jīvitaṃ no maraṇaṃ vicitram।। 15।।

Coloro che sono saldi nel Raja Yoga e sono completamente avulsi da questo universo manifesto ed hanno la natura dei veggenti, entrano in una condizione particolare che non è nè di veglia ne di sonno, nè di vita, nè di morte. (YT.15)


अहंममत्वाद्व्यपहाय सर्व
श्रीराजयोगे स्थिरमानसानाम्।
न द्रष्टृता नास्ति च दृश्यभावः
सा जृम्भते केवलसंविदेव।। 16।।

ahaṃmamatvādvyapahāya sarva
śrīrājayoge sthiramānasānām।
na draṣṭṛtā nāsti ca dṛśyabhāvaḥ
sā jṛmbhate kevalasaṃvideva।। 16।।

Coloro che hanno abbandonato le idee di "io" e "mio" e hanno sempre una mente stabile nel Raja Yoga, non hanno nè la natura dei veggenti, nè la percezione, ma risplendono nella consapevolezza. (YT.16)

नेत्रे ययोन्मेषनिमेषशून्ये
वायुर्यया वर्जितरेचपूरः।
मनश्च संकल्पविकल्पशून्यं
मनोन्मनी सा मयि संनिधत्ताम्।। 17।।

netre yayonmeṣanimeṣaśūnye
vāyuryayā varjitarecapūraḥ।
manaśca saṃkalpavikalpaśūnyaṃ
manonmanī sā mayi saṃnidhattām।। 17।।

Lascia che la mente oltre la mente, manonmani, risieda in me, senza che gli occhi siano aperti o chiusi, e lascia che l'espirazione e l'inspirazione si fermino, così che la mente diventi libera da decisioni e concetti. (YS.17)

चित्तेन्द्रियाणां चिरनिग्रहेण
श्वासप्रचारे शमिते यमीन्द्राः।
निवातदीपा इव निश्चलाङ्गाः
मनोन्मनीमग्नधियो भवन्ति।। 18।।

cittendriyāṇāṃ ciranigraheṇa
śvāsapracāre śamite yamīndrāḥ।
nivātadīpā iva niścalāṅgāḥ
manonmanīmagnadhiyo bhavanti।। 18।।

Quando, dal prolungato controllo della mente e dei sensi, l'attività della respirazione si interrompe, in questo stato, le membra dei praticanti diventano immobili come la fiamma di una lampada in un luogo senza vento ed entrano nello stato di mente senza mente, manonmani. (YT.18)

उन्मन्यवस्थाधिगमाय विद्वन्
उपायमेकं तव निर्दिशामः।
पश्यन्नुदासीनतया प्रपञ्चं
संकल्पमुन्मूलय सावधानः।। 19।।

unmanyavasthādhigamāya vidvan
upāyamekaṃ tava nirdiśāmaḥ।
paśyannudāsīnatayā prapañcaṃ
saṃkalpamunmūlaya sāvadhānaḥ।। 19।।

Oh sapiente! Ti dico un metodo per raggiungere lo stato di mente oltre la mente, unmani: osserva l'universo con indifferenza e con attenzione sradica le intenzioni, samkalpa. (YT. 19)

प्रसह्र संकल्पपरंपराणां
संभेदने संततसावधानम्।
आलम्बनाशादपचीयमानं
शनैः शनैः शान्तिमुपैति चेतः।। 20।।

prasahra saṃkalpaparaṃparāṇāṃ
saṃbhedane saṃtatasāvadhānam।
ālambanāśādapacīyamānaṃ
śanaiḥ śanaiḥ śāntimupaiti cetaḥ।। 20।।

La mente che è costantemente all'erta per distruggere con forza la catena delle intenzioni, viene liberata dalle distrazioni e dall'attaccamento dei sensi grazie alla distruzione di tutti i pensieri e gradualmente raggiunge la pace.
(YT.20)

निश्वासलोपैर्निभृतैः शरीरै-
र्नेत्राम्बुजैरर्धनिमीलितैश्च।
आविर्भवन्तीममनस्कमुद्रा-
मालोकयामो मुनिपुंगवानाम्।। 21।।

niśvāsalopairnibhṛtaiḥ śarīrai-
rnetrāmbujairardhanimīlitaiśca।
āvirbhavantīmamanaskamudrā-
mālokayāmo munipuṃgavānām।। 21।।

Osserviamo il manifesto sigillo dell'assenza di pensiero, amanaska-mudra, nei saggi realizzati, unitamente con l'immobilità del corpo e l'apertura parziale degli occhi alla guisa dei petali del loto. (YT.21)


अमी यमीन्द्राः सहजामनस्का-
दहंममत्वे शिथिलायमाने।
मनोतिगं मारुतवृत्तिशून्यं
गच्छन्ति भावं गगनावशेषम्।। 22।।

amī yamīndrāḥ sahajāmanaskā-
dahaṃmamatve śithilāyamāne।
manotigaṃ mārutavṛttiśūnyaṃ
gacchanti bhāvaṃ gaganāvaśeṣam।। 22।।

Coloro che arrivano all'autocontrollo, la cui identificazione con il corpo si è indebolita spontaneamente grazie all'assenza di pensiero, amanaska, raggiungono poi uno stato che trascende la mente, che non ha oscillazioni nell'energia, ed è illimitato come il cielo. (YT.22)

निवर्तयन्तीं निखिलेन्द्रियाणि
प्रवर्तयन्तीं परमात्मयोगम्।
संविन्मयीं तां सहजामनस्कां
कदा गमिष्यामि गतान्यभावः।। 23।।

nivartayantīṃ nikhilendriyāṇi
pravartayantīṃ paramātmayogam।
saṃvinmayīṃ tāṃ sahajāmanaskāṃ
kadā gamiṣyāmi gatānyabhāvaḥ।। 23।।

Quando dovrei rinunciare a tutti gli altri stati e raggiungere quella condizione di spontanea consapevolezza che acquieta tutti i sensi e conduce all'unione con il Sé supremo? (YT.23)

प्रत्यग्विमर्शातिशयेन पुंसां
प्राचीनगन्धेषु पलायितेषु।
प्रादुर्भवेत्काचिदजाड्यनिद्रा
प्रपञ्चचिन्तां परिवर्जयन्ती।। 24।।

pratyagvimarśātiśayena puṃsāṃ
prācīnagandheṣu palāyiteṣu।
prādurbhavetkācidajāḍyanidrā
prapañcacintāṃ parivarjayantī।। 24।।

Quando i precedenti attaccamenti delle persone scompaiono a causa dell'eccellente riflessione sul Sé interiore, allora sorge uno stato di sonno cosciente, yoga-nidra, che sradica ogni pensiero verso questo universo.
(YT.24)


विच्छिन्नसंकल्पविकल्पमूले
निःशेषनिर्मूलितकर्मजाले।
निरन्तराभ्यासनितान्तभद्रा
सा जृम्भते योगिनि योगनिद्रा।। 25।।

vicchinnasaṃkalpavikalpamūle
niḥśeṣanirmūlitakarmajāle।
nirantarābhyāsanitāntabhadrā
sā jṛmbhate yogini yoganidrā।। 25।।

Con la pratica costante, il sempre benevolo yoga-nidra, risplende nei praticanti di yoga, ed elimina completamente la volontà, sankalpa,  le scelte, vikalpa, e gli effetti delle azioni, karma. (YT.25)

विश्रान्तिमासाद्य तुरीयतल्पे
विश्वाद्यवस्थात्रितयोपरिस्थे।
संविन्मयीं कामपि सर्वकालं
निद्रां सखे निर्विश निर्विकल्पाम्।। 26।।

viśrāntimāsādya turīyatalpe
viśvādyavasthātritayoparisthe।
saṃvinmayīṃ kāmapi sarvakālaṃ
nidrāṃ sakhe nirviśa nirvikalpām।। 26।।

O amico, convinciti, e stabilisciti nello stato di liberazione dello spirito, turiya, che è oltre i tre stati di veglia, vishva, brillantezza o sonno cosciente, taijasa, e coscienza o sonno profondo, prajna, e sperimenta costantemente la beatitudine dello yoga-nidra che è libero da dubbi e inesplicabile, nirvikalpa. (YT.26)

प्रकाशमाने परमात्मभानौ
नश्यत्यविद्यातिमिरे समस्ते।
अहो बुधा निर्मलदृष्टयोऽपि
किंचिन्न पश्यन्ति जगत्समग्रम्।। 27।।

prakāśamāne paramātmabhānau
naśyatyavidyātimire samaste।
aho budhā nirmaladṛṣṭayo'pi
kiṃcinna paśyanti jagatsamagram।। 27।।

Quando sorge il supremo spirito individuale, paramatman, e l'oscurità dell'ignoranza è completamente dissipata, sebbene i saggi abbiano una visione chiara, essi non sono in grado di vedere nulla di questo intero universo. (YT.27)


सिद्धिं तथाविधमनोविलयां समाधौ
श्रीशैलश्रृङ्गकुहरेषु कदोपलप्स्ये।
गात्रं यदा मम लताः परिवेष्टयन्ति
कर्णे यदा विरचयन्ति खगाश्च नीडान्।। 28।।

siddhiṃ tathāvidhamanovilayāṃ samādhau
śrīśailaśrṛṅgakuhareṣu kadopalapsye।
gātraṃ yadā mama latāḥ pariveṣṭayanti
karṇe yadā viracayanti khagāśca nīḍān।। 28।।

Quando raggiungerò la perfezione, samadhi, osservando la suddetta dissoluzione della mente nelle grotte della montagna Shrishailam [sacre a Shiva]? quando i rampicanti intrecceranno il mio corpo e gli uccelli costruiranno i loro nidi nelle mie orecchie? (YT.28)


विचरतु मतिरेषा निर्विकल्पे समाधौ
कुचकलशयुगे वा कृष्णसारेक्षणानाम्।
चरतु जडमते वा सज्जनानां मते वा
मतिकृतगुणदोषा मां विभुं न स्पृशन्ति।। 29।।

vicaratu matireṣā nirvikalpe samādhau
kucakalaśayuge vā kṛṣṇasārekṣaṇānām।
caratu jaḍamate vā sajjanānāṃ mate vā
matikṛtaguṇadoṣā māṃ vibhuṃ na spṛśanti।। 29।।

Lascia che la mia mente sia dissolta nella perfezione inesplicabile, nirvikalpa samadhi, oppure si posi sui di seni simili a brocche di damigelle con gli occhi di antilope. Lascia che mediti sul punto di vista degli ottusi oppure sui ragionamenti di chi ha mente nobile. Comunque i pensieri virtuosi oppure le idee imperfette della mente non mi potranno toccare perchè io sono attraversato da tutto. (YT.29)

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