di Enrico Casagrande
Profilo generale
Sri Aurobindo Ghosh (1872 – 1950) è globalmente noto per essere il padre dello Yoga integrale o Purna Yoga, una tecnica ed un pensiero che integra differenti pratiche allo scopo di condurre l’individuo alla dimensione, così come definita dal maestro, Supermentale. In tale prospettiva la natura umana non è il sommo livello di coscienza raggiunto dalla natura ma una condizione potenzialmente soggetto al divenire e destinato a finire, che può giungere verso un grado ulteriore di evoluzione: questo il fine del Purna Yoga.
La biografia di Aurobindo è più complessa di quella che l’immaginario collettivo generalmente attribuisce alla distaccata e silente vita dello yogi spiritualmente realizzato. I primi trent’anni del maestro sono infatti segnati da un’educazione tendenzialmente agnostica, decisamente filo – europea nonché da una vivace partecipazione alla lotta politica a favore dell’indipendenza dal Raj britannico. Una biografia che va conosciuta se si intende comprendere le ragioni della nascita dello Yoga Integrale.
Un bengalese europeo
Aravind Ghosh, anglicizzato in Aurobindo, nasce a Calcutta in una benestante famiglia aderente al Brahmo Samaj (vedi articolo: Il riformismo neo-induista: il Brahmo Samaj ) particolarmente attenta al progresso ed ai risultati sociali raggiunti dal mondo europeo. Il padre Krishna Dhan (1844 – 1892) è tra i primi bengalesi ad ottenere il titolo di chirurgo dopo aver studiato ad Aberdeen in Scozia alla fine degli anni ’60 del XIX secolo. In famiglia il piccolo Aurobindo apprende come lingua principale l’inglese. Terzo di cinque figli, all’età di sette anni viene mandato a studiare in Inghilterra dove frequenta scuole prestigiose a Manchester, Londra e Cambridge. Apprende in modo considerevolmente approfondito sia le lingue classiche che quelle moderne: italiano, francese, spagnolo e tedesco. Arriva a leggere e comprendere i filosofi occidentali, si appassiona di Dante, Goethe, Cervantes e i romanzieri francesi. Diviene negli anni un prolifico scrittore conosciuto in tutto il mondo. “La vita divina”, probabilmente il suo capolavoro, ricevette profondi apprezzamenti da parte di Aldous Huxley (1894 – 1963). Per dare un’idea del riconoscimento internazionale raggiunto va notato che nel 1950, pochi mesi prima della sua morte, è addirittura presa in considerazione la possibilità di conferirgli il premio Nobel per la letteratura. (G. Van Vrekhem, Oltre la specie umana: La vita e l’opera di Sri Aurobindo e della Madre, 2007 p.297, Editrice Irradiazioni, Roma).
Il rientro in patria
Tornando agli anni della gioventù, nel 1893, prima di ottenere il Bachelor of Art, Aurobindo rientra in India colpito dalle notizie sui soprusi inglesi in India che riceve nelle lettere del padre. La fiducia prospettiva cambia in tal senso nella mente del giovane uomo che inizia a nutrire un profondo risentimento nei confronti dei colonizzatori. Nel suo paese Aurobindo è occupato in differenti incarichi istituzionali nel principato di Baroda in Gujarat, il padre, nel frattempo, è morto e la madre soffre di gravi problemi psichici: tutte le energie del giovane possono essere spese per la causa della nazione. La sua preparazione lo conduce in breve tempo a divenire assistente del Maharaja Sayajrao Gaekwad III (1875 – 1939) e col tempo assume la carica di vicedirettore del Baroda College. È in questo periodo che apprende la lingua e la letteratura sanscrita imparando il bengali che l’educazione familiare gli aveva precluso coerentemente con la cultura riformista propria del Rinascimento bengalese di carattere brahmoista alla quale i Ghosh appartenevano.
Sono anni in cui il futuro maestro entra in contatto con le ali estremiste antibritanniche. Conosce Bar Gangadhar Tilak (1856 – 1920) uno tra i fondatori del Congresso Nazionale Indiano nonché rappresentante della sua frangia più estremista. Il futuro Sri Aurobindo è sempre più impegnato in campo politico. Si sposta frequentemente da Baroda al Bengala presenziando agli incontri dei nazionalisti indiani, i suoi scritti di rivolta politica infiammano gli animi degli aderenti alla causa della liberazione del subcontinente. Pur investendo tutte le proprie forze nella causa del paese il rivoluzionario riesce a sposarsi nel 1901 con la quattordicenne Mrinalini che morirà a causa della pandemia influenzale del 1918. Vale la pena menzionare l’incontro di Aurobindo con Suor Nivedita (1867 – 1911) la prima allieva occidentale di Vivekananda con la quale condivide la comune passione rivoluzionaria (Sister Nivedita, auroville.org.in).
La prima spartizione del Bengala
La prima spartizione del Bengala, promossa dal viceré Lord Curzon (1859 – 1925) nel 1905 e conclusasi con la riunificazione nel 1911, a causa delle ingestibili rivolte indiane, è l’evento che inasprisce oltremodo lo spirito nazionalista hindu. Sono anni drammatici sul piano delle azioni di forza messe in atto sia dagli hindu che dai britannici. La numericamente vasta popolazione di fede musulmana del Bengala orientale, che nella spartizione interpretava un suo riconoscimento identitario da parte britannica, comincia a percepirsi sempre più distante dagli interessi degli hindu. Sono i prodromi della futura spartizione del ’47 con i drammi politici ed umanitari che si porterà appresso.
La conversione allo yoga
Nel 1908 Aurobindo viene arrestato con l’accusa di terrorismo. Viene rilasciato dopo un anno e nel 1910 decide di trasferirsi a Pondicherry nel Tamil Nadu che all’epoca è un insediamento francese in modo da poter evitare successivi arresti da parte britannica. Questo anche per il fatto che l’anno passato in reclusione forzata l’uomo politico inizia a dedicarsi ad un intenso training spirituale grazie all’iniziazione ed agli insegnamenti ricevuti nel 1907 dallo yogi tantrico Vishnu Bhaskar Lele. Aurobindo, che fino ad allora aveva inteso la pratica spirituale come un processo di rinuncia al mondo e quindi una condizione agli antipodi rispetto alla propria natura di attivista politico, dopo aver assistito ad una guarigione yoghica decide di dare una chance al mondo sopramateriale. In tre giorni di ritiro con Lele il futuro maestro esperisce il silenzio della mente. Aurobindo si convince che la sadhana non deve necessariamente condurre all’abbandono delle attività mondane, tutt’altro: la pratica può essere ciò che conduce dalle vette della Coscienza alla spiritualizzazione della materia. In questo modo lo yogi evoluto torna al mondo disponendosi a sostenerlo nel suo cammino evolutivo. La materia è in tale visione, un livello grossolano della Coscienza cosmica: alla materia segue la vita. L’uomo è l’attuale vetta del cammino verso la piena “coscientizzazione” di ogni piano dell’esistenza. Compito dell’individuo è allora quello di accelerare scientemente il cammino verso quella che Aurobindo chiama Supermente. A quel livello il molteplice dell’esperienza realizza l’unità necessaria e la materia viene pervasa dalla consapevolezza di Satcitananda del vedanta: esistenza, coscienza e beatitudine.
Lo Yoga integrale
I tre marga dello yoga della Gita ossia karma, bhakti e jnana si integrano nello yoga di Sri Aurobindo con elementi tantrici e spunti dall’evoluzionismo appreso in Europa negli anni dei suoi studi giovanili. Lo Yoga integrale è l’armonizzazione delle molteplici componenti dell’uomo per svilupparne il proprio potenziale spirituale. La rivoluzione pertanto prosegue ma da meramente rivolta al mondo esterno guarda le sfere più profonde della vita umana.
A Pondicherry il maestro viene inizialmente circondato da un limitato numero di allievi che negli anni andranno via via aumentando anche grazie all’intenso lavoro d’organizzazione dell’ashram da parte di Mirra Alfassa Richard (1878 – 1973) che viene più tardi conosciuta con il nome di Mère, la Madre, l’ideale complementare di Sri Aurobindo. Alla morte di quest’ultimo il lavoro della Madre prosegue. Nel 1968 fonda Auroville nel Tamil Nadu, una città organizzata attorno agli insegnamenti del maestro. Auroville, tutt’ora esistente ed attiva, non chiede rigorosi voti di rinuncia ai suoi abitanti ma la pratica delle tecniche lasciate in eredità da Aurobindo. I residenti si occupano inoltre di produzione agricola, assistenza sociale e sanitaria nonché di ricerca pedagogica.