di Enrico Casagrande
Enrico Casagrande continua la sua esplorazione del Rinascimento Bengalese attraverso una delle figure artistiche indiane che ha trovato in Occidente maggiori considerazioni e successo: Rabindranath Tagore. Come già evidenziato nel precedente articolo di questa serie, Il riformismo neo-induista, questo movimento è per noi molto significativo perchè costituisce un primo incontro "fondante" tra cultura e religione indiane da una parte e Inghilterra ed Occidente dall'altra. Alcuni tratti peculiari di questa comunione li ritroveremo con molta somiglianza nell'incontro tra yoga ed Occidente, sia per una derivazione diretta che indiretta, sino ai giorni nostri. Il neo-induismo edulcora infatti i tratti tradizionali che potrebbero risultare più indigesti agli occhi dei colonizzatori e promuove una spinta universalista e "spiritualista" volta in modo inedito a ricercare la compiacenza e i favori dei colonialisti, almeno in prima battuta. Ammantando successivamente il tutto come una riscoperta delle tradizioni. Compiacenza e favori arriveranno in primo luogo come gratificazioni economiche e commerciali per quella elite indiana che saprà porsi come mediatori accondiscendenti, chiudendo gli occhi sulla depredazione che in tre secoli ridurrà economicamente la fiorente India ad un cumulo di cenere. In secondo luogo in termini di visibilità e riconoscimenti internazionali, come appunto il premio Nobel.
Il Paradigma del Rinascimento Bengalese
Il bengalese Rabindranath Tagore (1861 - 1941), anglicizzazione di Thakur, è il primo asiatico ad essere insignito di un premio Nobel. È il 1913 quando la sua raccolta poetica intitolata Gitanjali – offerta di canti – e pubblicata un anno prima lo porta ad ottenere il prestigioso riconoscimento. Sono gli anni in cui il Rinascimento Bengalese sta definitivamente oltrepassando, in ottica neo – induista e nazionalista, i propri confini originari. I promotori dell’autodeterminazione dell’India sono oramai organizzati in associazioni molto attive in tutto il vasto subcontinente, le ricadute politiche che preparano alla futura indipendenza dalla Gran Bretagna stanno germogliando nella coscienza collettiva indiana.
Il movimento socio – culturale che critica alcuni tratti dell’ortodossia hindu perché troppo troppo ancorata a tradizioni quali sati, matrimonio infantile e limitazione dell'accesso all'istruzione, ecc e che riceve stimoli al proprio sviluppo attraverso l’incontro con l’Europa post - illuminista trova nel poeta bengalese il proprio paradigma. Noto soprattutto per la sua produzione poetica, Tagore è un uomo di lettere completo – numerose le sue opere in prosa e teatrali –, ma anche un apprezzato pittore, un pedagogista, un filosofo ed un musicista prolifico. Sue sono le liriche di Amar sonar Bangla – Mio Bengala d’oro – scritta nel 1905 e divenuta inno nazionale nel 1972 del Bangladesh come sue sono quelle di Jana Gana Mata – Tu sei il dominatore di tutte le menti – del 1911 che nel 1950 diviene inno nazionale dell’India.
Una famiglia benestante e riformista
Il nonno di Rabindranath è l’imprenditore Dwarkanath Tagore (1794 – 1846) che inizia la propria carriera come alto funzionario della East India Company ed è amico del padre del Rinascimento Bengalese, Raja Ram Mohan Roy. Con quest’ultimo Dwarkanath è cofirmatario del Brahmo Samaj Trust Deed – il documento di fiducia del Brahmo Smaj - nel1830.
Dell’organizzazione di Roy diventa in seguito un personaggio di primissimo piano Debendranath Tagore, figlio di Dwarkanath e padre del futuro premio Nobel. Nel 1843, dieci anni dopo la morte di Mohan Roy, Debendranth assume la leadership del Brahmo Samaj che con lui, dopo un’iniziale adesione piena ai principi del suo fondatore che mettono in risalto la forza sociale dell’etica cristiana, si orienta verso un recupero maggiore della tradizione hindu. Essa viene interpretata sempre secondo uno spirito riformista ancorché attento a non recidere in modo troppo definitivo il rapporto con il passato indiano ed il suo potenziale spirituale universalistico.
Formazione e viaggi
È in questo milieu che si forma la persona di Rabindranath il quale, potendo beneficiare del benessere economico familiare e di tredici fratelli maggiori tutti rigorosamente educati secondo la visione del mondo del padre filosofo, ha l’occasione di spendere gli anni della propria infanzia e giovinezza scolarizzato in famiglia dall’erudita famiglia. Nonostante un’intesa vita di studio, l’intellettuale non ottiene titoli accademici ufficiali. Il suo “genio ribelle” non gli permette di adoperarsi con continuità in uno studio di tipo sistematico ed istituzionale: il tentativo del padre di avviarlo alla carriera forense, studiando a Brighton, si rivela fallimentare. In Inghilterra il giovane Tagore ha comunque occasione di studiare il latino e di dedicarsi alla sua passione musicale divenendo, da autodidatta, un talentuoso suonatore di harmonium. Sono anni molto felici per Rabindranath che compone poesia, musica ed opere di natura filosofica senza posa. Il suo pensiero filosofico – teologico è eminentemente vedantico – monista: come Vivekananda cercava naturalmente l’unità nel tutto (Dasgupta S., Awakening, The Story of the Bengal Renaissance, Penguin Books, India 2010, p. 441).
In contraddizione con il credo brahmoista (brahmoista è colui che aderisce alla dottrina del Brahmo Samaj) di famiglia, i figli del bhadralok (termine che definisce il gentiluomo bengalese e middleman per la Gran Bretagna) Debendranath si sposano tutti secondo la tradizione del matrimonio infantile. Mrinalini, la sposa del ventiduenne Rabindranath, ha solo dieci anni. Passerà diciannove anni al suo fianco prima di morire ed avranno cinque figli. Della moglie si conosce molto poco e negli scritti del marito non esistono sue menzioni.
La popolarità del premio Nobel che lo raggiunge appena superati i cinquant’anni lo porta a viaggiare per il mondo su invito di organizzazioni, nazioni e personalità di spicco dell’epoca. Famoso l’incontro con Albert Einstein del 1930 nella casa di Berlino del Nobel per la fisica. In occasione dell’incontro i due si confrontano sul rapporto tra coscienza e materia secondo le prospettive della scienza occidentale “materio - centrica” e del pensiero vedanta che propone una coscienza universale che l’uomo esperisce come fondamento del Tutto: il tema di quell’incontro è tra quelli che segnano l’inizio di quel dialogo ancor oggi vivo tra fisica quantistica e filosofie orientali.
Nel 1926 Tagore è in Italia invitato ufficialmente da Benito Mussolini. Quest’ultimo fatto solleva già all’epoca non poche perplessità nell’opinione pubblica italiana ed europea in generale. Il Nobel è in Italia per ragioni strettamente artistico – culturali. La sua infatuazione per il Bel Paese ed il fatto di non comprendere l’italiano offre un vantaggio mediatico a Mussolini che soffre di un periodo di “deficit di prestigio” a seguito dell’omicidio Matteotti e di altre azioni che iniziano a minare l’italica fiducia nel duce. Concluso il viaggio in Italia del ’26 Tagore viene edotto dal suo entourage della questione politica italiana ed il suo rapporto con Mussolini, di fatto neppure ben radicato, si conclude sul nascere.
Teoria e pratica educativa
Il viaggio è una costante di tutta la vita di Tagore ancorché i suoi rientri in India ed in particolarmente in Bengala sono periodici. Il luogo d’elezione per occuparsi alla scrittura è, per Rabindranath, l’ashram di famiglia chiamato Shantiniketan – luogo di pace – fondato dal padre nel 1863 ad un paio di centinaia di chilometri da Calcutta. Proprio a Shantiniketan, nel 1901 il poeta fonda una scuola per fanciulli e fanciulle che implementerà vent’anni più tardi nel 1921 con il college chiamato Vishva Bharati (comunione del mondo con l’India). Il college, come per altro la scuola di Shantiniketan, offre dei curricula sia umanistici che scientifici ed enfatizza l’insegnamento – apprendimento all’aperto tra le ombre delle selve nella quale è immersa l’istituzione educativa. Nella visione del fondatore, il college riprende il modello educativo della tradizione hindu dove l’acharya – l’insegnante - possiede un’esperienza diretta di quanto insegnato e non è limitato da un patrimonio di saperi strettamente libreschi. L’acharya di Tagore è l’individuo che segue lo sviluppo formativo del discente nel rispetto della sua individualità . Sono poi promossi: un approccio cooperativo; l’educazione in senso globale della persona; la possibilità dell’esperienza diretta. In tal senso il pensiero pedagogico di Tagore è al passo con i tempi. A cavallo tra il XIX ed il XX secolo si diffonde nel mondo il movimento delle “scuole attive” detto altrimenti “attivismo pedagogico”.
Lo svizzero Adolphe Ferriere (1879 – 1961) è uno tra i riferimenti della nuova corrente pedagogica e nel 1921, è tra i fondatori della “Ligue internationale pour l’education nouvelle” dove esplicita gli aspetti che definiscono il nuovo modello educativo assai vicino alla teoria ed alla pratica della pedagogia di Tagore. Molto sinteticamente sono infatti l’individualità del fanciullo, il lavoro manuale, la conoscenza del mondo contemporaneo e la coeducazione a caratterizzare una “scuola attiva”.
La concezione dell’insegnamento – apprendimento di Tagore prende pertanto le distanze dalla tradizione brahmanica che privilegia la trasmissione dei sacri inni vedici appresi mnemonicamente. Al contempo egli si allontana pure dalla cultura europeo – britannica, imposta anche ai più fortunati collaboratori indiani del Raj, che costringe, a suo dire, a seguire un modello eccessivamente astratto che vincola il naturale sviluppo della persona. La cultura indiana non viene esclusa dall’orizzonte pedagogico del poeta – educatore. La ricerca dell’Uno nel molteplice proprio della tradizione vedanta e la particolare enfasi posta nel rapporto personalizzato tra insegnante ed allievo sono tasselli fondamentali della tradizione del Gurukul गुरुकुल – la famiglia del maestro – dove allievo e maestro vivono assieme come fossero i membri della stessa famiglia e dove l’allievo è impegnato anche in pratiche all’apparenza poco “formative” come le attività di pulizia e di cucina che facilitano in realtà l’autodisciplina ed il senso di responsabilità del discente.
In coerenza con i dettami del brahmoismo, Rabindranath Tagore osserva con occhio critico il passato del proprio Paese ma al contempo ne mette in rilievo gli aspetti imprescindibili che possono essere da contributo alla crescita dell’umanità nel suo insieme come pure da stimolo all’autodeterminazione del Bengala e, più estesamente, dell’India che sei anni dopo la sua morte ottiene l’indipendenza dal British Raj.