Sanscrito Lez.6 - I numeri

maggio 26, 2020



Dopo aver metabolizzato il sandhi, almeno speriamo, oggi trattiamo un argomento più semplice e molto utile: come si conta.
E' un argomento significativo in assoluto, ma in particolare per lo yoga. Diversi stili di yoga prevedono il conteggio dei respiri, o di ciascuno movimento, durante la pratica, tra i quali i più significativi in occidente sono il vinyasa del maestro Krishnamacharya e l'ashtanga del maestro Jois. Ancora oggi le classi guidate di questi due stili prevedono il conteggio in sanscrito.

I numeri


Iniziamo con una notizia sensazionale: lo zero è stato inventato dagli Indiani e non dagli Arabi. Il suo primo utilizzo è attribuito ad Aryabhatta, matematico ed astronomo che visse intorno al 500 A.C. in quella che oggi è la città di Patna nello stato del Bihar.
Un'altra curiosità, prima di venire al dunque: fu proprio a partire dai numeri che i linguisti, a metà settecento, si accorsero della somiglianza tra le lingue Indoeuropee. In effetti balza subito agli occhi: duo, tres, novem, decem in latino, δύο (duo), τρία (tria), εννιά (ennia), δέκα (deka) in greco antico, e dve, trini, nava, dasha, appunto in sanscrito. Da questo inizio con la linguistica comparata, furono formulate inizialmente teorie tanto fantasiose, quanto scorrette, come quella che affermava che il sanscrito fosse la lingua madre di tutte le lingue indiane ed europee. Oppure che fosse la lingua di una razza superiore, e tante altre. Con la nascita della moderna linguistica, fu invece possibile ricostruire con esattezza le migrazioni che dal 4-3000 AC portarono una tribù delle steppe dell'attuale Russia centrale a dominare culturalmente l'Europa, l'India e diversi stati nel mezzo. La moderna genetica e gli studi comparati, hanno confermato poi questa tesi. Non divaghiamo, ma ricordiamoci che tutto iniziò dai numeri.


In sanscrito i segni utilizzati per i numeri sono differenti da quelli arabi, che utilizziamo in Occidente oggi giorno, ma seguono le stesse regole di posizione decimale e uso dello zero. In questo caso due popolazioni Indoeuropee, i Latini e le antiche popolazioni dell'India, utilizzarono due sistemi profondamente differenti per rappresentare i numeri. Questo sistema era notevolmente più efficiente di quello latino soprattutto per l'algebra, la geometria e le scienze tutte. In caratteri arabi scriveremo 25, in numeri latini XXV, in quelli sanscriti २५, pañcaviṃśatiḥ.

Ha un senso imparare anche questi dieci caratteri devanāgari, per poter scrivere tutti i numeri, poichè vengono utilizzari per numerare i versi di tutte le opere classiche sanscrite, generalmente a fine riga dopo una doppia barra verticale o tra due coppie di barre verticali, come vediamo nel primo verso dei Sutra di Patanjali:

अथ योगानुशासनम् ॥१॥
atha yoga-anuśāsanam ॥1॥


I numeri da 1 a 10:



cifra araba cifra devanagari nome sanscritotrasl. IAST
0 ०      शून्यम्śūnyam
1 १  एकम्    ekam
2द्वे dve
3त्रीणिtrīṇi
4चत्वारि catvāri
5 पञ्चpañca
6षट्ṣaṭ
7सप्तsapta
8 अष्टaṣṭa
9 नव nava
10१०दश daśa

I numeri sono aggettivi, o, meglio, aggettivi numerali cardinali. Quindi concordano come genere, numero e caso (vedremo in seguito dettagliatamente), con il nome al quale si riferiscono. "Tre mele", in italiano, non si apprezza il fatto che tre sia femminile plurale e soggetto, ma in sanscrito si.
Quando si conta però, vengono utilizzati al nominativo singolare neutro. Il vocabolario, per indicare che un aggettivo ha i tre generi, indica: एक, a. (aggettivo), eka, m.n.f., ovvero maschile, neutro, femminile, non necessariamente in questo ordine, e poi la traduzione: uno.

In realtà, non ce ne vogliate, la situazione è un po' più complessa:

I numerali da 1 a 4 si declinano, come dicevamo, nei tre generi: ekaḥ, nominativo maschile (vedremo gli altri casi), ekā nominativo femminile (la declinazione la vedremo tra poco), ekam, nominativo neutro (idem). Allo stesso modo: dvau, dve, dve, che, come è facile intuire, possiede solamente il numero duale (ricordate che in sanscrito ci sono tre numeri: singolare, plurare e duale?); trayaḥ, tisraḥ, trīṇi e infine catvaraḥ, catvaram, catvāri.

I numerali da 5 a 10 si declinano anch'essi, ma senza distinzione di genere. Come nota di colore notiamo come questi ultimi in sanscrito vedico si trovano anche come indeclinabili così come lo sono nelle altre lingue indoeuropee, la loro flessione (modo erudito per indicare la declinazione di un termine nei vari casi) è quindi una innovazione del sanscrito classico.

Inumeri da 11 a 20:     



cifra araba cifra devanagari nome sanscritotrasl. IAST




11 ११  एकादश   ekādaśa
12द्वादशdvādaśa
13त्रयोदशtrayoādaśa
14चतुर्दशcaturdaśa
15पञ्चदशpañcadaśa
16षोडशṣodaśa
17सप्तदशsaptadaśa
18अष्टादशaṣṭādaśa
19नवदशnavadaśa
20विंशतिःviṃśatiḥ


I numerali da 11 a 19 sono delle parole composte (tecnicamente si chiamano composti copulativi, o dvanda in sanscrito, cioè composti dall'esatta unione di due parole). Sono composti di daśa e si declinano come questa parola.

Da 20 a 90 i nomi delle decine sono tutti sostantivi femminili che si declinano secondo il loro tema (ovvero della declinazione di cui fanno parte) e il nome a cui si riferiscono può essere espresso al genitivo oppure come un'apposizione (e quindi allo stesso caso del numerale). Diremo ad esempio viṃśatiḥ puruṣāṇam, venti di uomini, oppure viṃśatiḥ puruṣā , venti uomini.
I numeri intermedi (ventuno, ventidue etc.) si formano come composti copulativi premettendo al nome della decina il nome dell'unità e sono quindi declinati come viṃśati, nome femminile in -i.


Inumeri da 21 a 30:  


cifra araba cifra dev. nome sanscrito  trasl. IAST




21   एकविंशतिः   ekaviṃśatiḥ
22द्वाविंशतिःdvāviṃśatiḥ
23त्रयोविंशतिःtrayoviṃśatiḥ
24चतुर्विंशतिःcaturviṃśatiḥ
25पञ्चविंशतिःpañcaviṃśatiḥ
26षड्विंशतिः(*)ṣaḍviṃśatiḥ*
27सप्तविंशतिःsaptaviṃśatiḥ
28अष्टाविंशतिः
aṣṭāviṃśatiḥ
29नवविंशतिःnavaviṃśatiḥ
30त्रिंशत्triṃśat

 (*) si noti il sandhi che trasforma la ट in ड a contatto con la व

Altri numerali


100   १०    शत  śata
1000  १००  सहस्र  sahasra
100.000    लक्ष    lakṣa
1.000.000     नियुत    niyuta 

etc.


I numerali cento, mille, diecimila, centomila, un milione, etc. sono dei sostantivi neutri.

Gli Indiani, fin dall'antichità, avevano una grande confidenza con i numeri molto grandi, fatto tutt'altro che scontato. Basti pensare che alcune culture, per dire 1000, dicono molti. Ad esempio i cicli temporali che scandiscono le ere, gli yuga, sono lunghissimi e basati su calcoli tra numeri enormi.

Per dare un esempio, nel piccolo termine gli Indiani contavano il giorno in 30 ore, contavano il mese lunare e l'anno solare di 360 giorni. La spiegazione più convincente che ho sentito sul perché i japa mala, i rosari induisti, abbiano 108 grani, e sul perché il 108 sia un numero tanto importante, é che e rappresenta tutte le ore dell'anno: 30x360=10.800. Recitare 108 mantra é come recitarne uno per ogni ora, per un anno intero.

Ma nel lungo termine una unità di misura era il Maha Yuga, grande era, composto a sua volta da:

4 charaṇas (1.728.000 anni solari)  Satya Yuga
3 charaṇas (1.296.000 anni solari) Treta Yuga
2 charaṇas (864.000 anni solari)  Dvapara Yuga
1 charaṇas (432.000 anni solari) Kali Yuga

Quindi un Maha Yuga è composto da 4.32 millioni di anni solari. Qualcuno trova interessante il fatto che questa sia l'età attribuita oggi giorno alla razza umana dagli scienziati (3.8 milioni di anni per l'esattezza).

Ma i maha yuga si ripetono ciclicamente.

1000 Mahā-Yuga = 1 Kalpa = 1 giorno di Brahma. 3.8 Miliardi di anni. Sempre qualcuno, trova interessante il fatto che questa sia all'incirca l'età attribuita al pianeta Terra.
2 Kalpa costituiscono un giorno e una notte di Brahma, 8.64 miliardi di anni umani. Seguendo il nostro gioco, questa è all'incirca l'età attribuita all'Universo (13,72 miliardi di anni secondo gli ultimissimi studi, dal Big Bang a oggi).
Ma i conteggi non si fermavano qui:
30 giorni di  Brahma = 1 mese di Brahma (259.2 miliardi di anni umani)
12 mesi di Brahma = 1 anno of Brahma (3.1104 trilioni di anni umani)
50 anni di Brahma = 1 Parārdha (155.52 trillioni di anni umani)
2 parardhas = 100 anni di Brahma = 1 Para = 1 Mahā-Kalpa (la vita di Brahma ovvero 311.04 trillioni di anni umani).

Tutto questo per dire che gli antichi indiani avevano confidenza con i grandi cicli e i grandi numeri, forse più di qualunque altra cultura antica.

Gli ordinali: primo, secondo...



I numerali ordinali, si formano per lo più con i suffissi –ma- o -tama- usati anche nei superlativi:

प्रथम  prathama,  
अग्रिम  agrima,  
आदिम ādima: primo, il migliore, il più celebre.
La prima dizione è quella più comune.

saptama: settimo,
saptatitama: settantesimo.

Ricapitolando:

2°     द्वितीय dvitīya 
3°     तृतीय tṛtīya 
4°     चतुर्थ caturtha
5°     पञ्चम pañcama
6°     षष्ठ  ṣaṣṭha    
7°     सप्तम saptama    
8°     अष्टम  aṣṭama   
9°     नवम  navama   
 

अथ प्रथमो ऽध्यायः । अर्जुनविषादयोगः
atha prathamo 'dhyāyaḥ । arjuna-viṣāda-yogaḥAdesso inizia il primo capitolo: lo yoga della disperazione di Arjuna

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