I bandha, una visione complessiva.

ottobre 15, 2018




di Marco Sebastiani


Introduzione di Maria Sabatini

Quando il principiante si flette in avanti vede i suoi piedi. Misura l'avanzamento della sua pratica con l'avvicinamento verso i piedi e, dopo anni, si interroga su quanto tempo deve impiegare ad avvicinarsi ai piedi. Con il tempo sopraggiunge lo sconforto "dove sono i doni promessi dallo yoga?!" [confronta: Patanjali Yoga Sutra, Libro Terzo: i Doni ] e il pessimismo diviene cosmico "siamo tutti principianti!". Il praticante avanzato, quando si flette in avanti non vede i suoi piedi,  vede, anzi sente, l'energia che scorre nel suo corpo, la stessa energia che sente durante il pranayama o la meditazione, energia che egli riesce ad incanalare mediante chiusure (bandha), gesti (mudra) o posture (asana).
Cosa differenzia il praticante inesperto dal praticante avanzato? probabilmente un buon maestro che ha insegnato come rendere possibile tutto questo.

Leggendo l'articolo di Marco Sebastiani, mi è piaciuto talmente da chiedere all'autore di poter scrivere questa colorita introduzione, della quale spero si sia intuito il tono scherzoso. L'articolo spiega in modo magistrale il significato medico anatomico e energetico dei bandha, senza dare nulla per scontato. Mi ha fatto inoltre riflettere su quali insegnamenti mi abbiano fatto fare un passo verso la pratica avanzata, verso i doni dello yoga di cui parla Patanjali negli Yoga Sutra. Sicuramente al primo posto c'è stata la costanza nella pratica. Sicuramente di pari importanza è stato un mio maestro che mi ha condotto passo-passo verso la percezione dell'energia interiore, iniziando con un nonnulla, chiudendo gli occhi nel mezzo di una pratica molto energetica, proseguendo verso la reale percezione del prana, e del suo incanalamento. In questo percorso l'uso dei bandha ha forse ricoperto il ruolo più importante e l'articolo che oggi ho l'onore di presentare credo getti nuova luce sulla mia pratica personale. Il mio augurio è che possa essere di ispirazione per chiunque legga.

 

1 Incanalare l’energia

1.1 I mudra


Tasmaatsarvaprayatnena prabodhayitumeeshvareem.
Brahmadvaaramukhe suptaam mudra abhyasam samacharet.
Pertanto la dea dormiente all'ingresso della porta di Brahma dovrebbe essere risvegliata costantemente e con ogni sforzo, eseguendo i mudra accuratamente.
Hatha Yoga Pradipika 3:5

Tradizionalmente i bandha sono classificati come parte dei mudra e sono stati tramandati oralmente da discepolo ad allievo per millenni. Vari testi classici trattano i bandha ed i mudra insieme ed allo stesso modo i testi tantrici non fanno distinzione tra queste due tipologie di tecniche. La parola sanscrita mudra (मुद्रा) può essere tradotta come segno o postura ed i mudra possono essere descritti come gesti o posizioni per incanalare il flusso di energia. Il Kularnava Tantra, testo delle tradizioni tantriche shivaite Kaula e Nath, datato fra l'XI e il XV secolo, definisce la parola mudra, in riferimento al prana, come deviazione dell’energia dalla sua strada o scorciatoia nel suo percorso.
I mudra manipolano il flusso del prana nello stesso modo in cui uno specchio devia le onde luminose oppure nel modo in cui le onde sonore possono subire deviazioni incontrando una parete rocciosa. Si ritiene infatti che le nadi ed i chakra assorbano ed irradino costantemente prana, che in condizioni di normalità sfugge lentamente via dal corpo e si disperde nel mondo esterno. Con la creazione di queste barriere all’interno del corpo, erette attraverso la pratica dei mudra, l’energia viene reindirizzata all’interno.
Ad esempio, quando pratichiamo shanmukhi mudra (vedi figura 1), distendendo le mani sul viso e chiudendo gli occhi con la punta di indice e medio, il prana irradiato attraverso gli occhi, viene riflesso indietro dalle dita.


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Fig1. Shanmukhi Mudra

Allo stesso modo, l’energia emessa attraverso vajra nadi - canale che porta un’energia particolare verso gli orifizi in basso - viene reindirizzata verso l’alto con la pratica di vajroli mudra, che consiste nella contrazione di un punto alla base degli organi genitali.
La manipolazione energetica eseguita con i mudra è in grado sia di alterare l'umore, l'atteggiamento e la percezione, che di aumentare la consapevolezza e la concentrazione. Un mudra può coinvolgere tutto il corpo in una combinazione di asana, pranayama, bandha e tecniche di visualizzazione oppure può essere una semplice posizione della mano. L'Hatha Yoga Pradipika e altri testi yoga considerano i mudra uno yoganga, ovvero un ramo particolare dello yoga che richiede una consapevolezza molto acuta. Generalmente negli insegnamenti dei guru, i mudra vengono introdotti quando già si hanno alcune conoscenze riguardo le asana e il pranayama, cioè nel momento in cui si ritiene che i blocchi più grossolani al fluire dell’energia nel corpo siano stati rimossi o comunque si possano in parte controllare o percepire.
La letteratura tantrica afferma che una volta che la dissipazione del prana viene ridotta attraverso la pratica dei mudra, la mente diventa più focalizzata, inducendo stati di pratyahara (il ritiro dei sensi) e dharana (concentrazione) tipici dell’elevazione nel percorso dello yoga. A causa della loro capacità di reindirizzare il prana, i mudra sono considerati tra le pratiche più elevate che portano alla stimolazione del prana, dei chakra ed al risveglio della Kundalini (कुण्डलिनी), come vedremo poco oltre, conferendo secondo i testi classici un maggior siddhi (सिद्धि), ovvero potere spirituale, al praticante avanzato.
Ritengo importante avere un’idea di cosa siano i mudra per comprendere meglio a quale sotto-categoria appartengono i bandha e in quali caratteristiche si distinguano da questi. Gli yoga mudra possono essere raggruppati in cinque classi:

1. Hasta, i mudra delle mani. Possono essere mudra meditativi oppure possono essere eseguiti durante posizioni più complesse. Gli hasta ridirezionano il prana emesso dalle mani nuovamente indietro verso il corpo. I mudra che congiungono l’indice con il pollice generano un circolo di energia che si muove dal capo verso le mani e nuovamente indietro. Alcuni hasta mudra sono ad esempio: Jnana mudra (congiunzione di indice e pollice della mano con il palmo verso il basso), Chin mudra (come il precedente, con il palmo verso l’alto), Yoni mudra (congiunzione di indice con indice e pollice con pollice delle due mani), Bhairava mudra (dorso di una mano sul palmo dell’altra, verso l’alto), Hridaya mudra (congiunzione di pollice, medio e anulare della mano).

2. Mana, i mudra della testa. Costituiscono tecniche meditative autonome e utilizzano gli occhi, le orecchie, il naso, la lingua e le labbra. Mana mudra sono ad esempio: Shambhavi mudra (sguardo nel mezzo delle sopracciglia), Nasikagra drishti (sguardo alla punta del naso), Khechari mudra (lingua sul palato molle), Kaki mudra (labbra a becco), Bhoochari mudra (una mano tesa sotto il naso, palmo verso il basso, pollice contro il labbro superiore, sguardo al mignolo), Akashi mudra (inalare con la testa abbandonata all’indietro e trattenere il respiro), Shanmukhi mudra.

3. Kaya, i mudra delle posizioni. Queste tecniche utilizzano posture di tutto il corpo in congiunzione con tecniche di respirazione e di concentrazione dell’attenzione. Sono incluse in questa categoria: Prana mudra (complessa tecnica di respirazione), Viparita karani mudra (variante di Sarvangasana), Yoga mudra (variante di padmasana con il busto piegato in avanti, braccia incrociate dietro la schiena, mani a prendere i piedi), Pashinee mudra (variante di Halasana con le ginocchia alle orecchie), Manduki mudra (variante di Virasana), Pindasana.

4. Bandha, i mudra di chiusura. Vedremo in dettaglio queste pratiche.

5. Adhara, i mudra del basso ventre. Queste tecniche reindirizzano il prana dai centri più bassi verso la testa. Fanno parte di questo gruppo i mudra che sublimano l’energia sessuale: Ashwini mudra e Vajroli/Sahajoli mudra (che tratteremo a proposito del mula bandha).

L’atteggiamento e le posizioni adottate durante la pratica dei mudra stabiliscono, secondo l’interpretazione classica della scuola himalayana e di quella bihariana, un collegamento diretto tra annamaya kosha, il corpo fisico, manomaya kosha, il corpo mentale e prana kosha, il corpo pranico, di cui sono dotate tutte le persone. Inizialmente i mudra consentono al praticante di sviluppare la consapevolezza del flusso di prana all’interno del corpo. Successivamente, tendono a stabilire un equilibrio pranico all’interno dei kosha (i differenti corpi di cui si parlava prima), e permettono il reindirizzamento dell’energia sottile verso i chakra superiori, inducendo stati più elevati di coscienza.
Per concludere il discorso, alcuni yogin indiani, che ben conoscono la fisiologia moderna, ed in particolare il noto sannyasi Swami Satyananda Saraswati della Divine Life Society, ritiene che i mudra possano influenzare i riflessi inconsci e primordiali, le abitudini istintive e quindi i modelli che hanno origine nelle aree primitive del cervello, intorno al tronco cerebrale. Questa consapevolezza potrebbe portare a creare sequenze di mudra che possano influenzare il praticante su di un piano inconscio verso livelli di consapevolezza più raffinati, creando risposte automatiche profonde. Seppure chi scrive stimi profondamente il lavoro di Swami Satyananda, avendo pochi strumenti per valutare queste affermazioni, ci limiteremo a questo accenno.

1.2 Il prana e le nadi

È difficile spiegare il prana come è difficile spiegare Dio
B.K.S. Iyengar

Il prana (प्राण), forza vitale o energia all’interno del nostro corpo, può essere suddiviso in altre sotto-categorie dette vayu, ovvero venti, con differenti qualità. In questa ottica il prana propriamente detto è l’energia che entra nel corpo, un’energia ascendente, collegata con l’ispirazione, che attiva il cervello e le membra; apana è invece l’energia che sta per uscire dal corpo, discendente, collegata con l’espirazione e l’eliminazione delle scorie in genere. Esistono nel corpo altri tipi di energia che si aggiungono a questi due, ad esempio la calda sapana, la luminosa udana e l’oleosa vyana, ma anche la poderosa varjra, splendente come il fulmine e citrini, pallida come la luna, amrita, l’ambrosia dell’immortalità, eccetera, eccetera.
Queste differenti energie si muovono attraverso una rete di moltissimi canali o nadi, 72.000 secondo alcuni, ma comunque moltissimi secondo tutti. Le nadi principali sono tre. Sushumna è forse il più importante dei canali di energia. Si situa all’incirca nell'asse cerebrospinale, che parte dall'estremità inferiore del tronco fino ad arrivare all'estremità della testa, e percorre tutti i chakra. Attorno ad essa si avvolgono altri due importanti canali: Ida ha inizio dalla sinistra del primo chakra, muladhara, e termina nella narice sinistra, la parte sinistra del corpo ha polarità negativo-femminile ed è associata all'energia lunare e tiepida dell’apana; Pingala emana invece dalla destra del primo chakra e termina nella narice destra, la parte destra del corpo ha polarità positivo-maschile, ed è associata all'energia fresca e solare del prana.
Ida e pingala si incrociano tre volte prima di arrivare alla loro destinazione, scambiandosi di lato. Secondo alcuni, i blocchi energetici granthi, di cui parleremo nel prossimo paragrafo, sono in corrispondenza di questi incroci.  Secondo altri si incrociano in tutti i chakra. Queste correnti di forza in ida, pingala e sushumna operano incessantemente e la corrente predominante che scorre in qualsiasi momento può essere determinata osservando attentamente il flusso del respiro attraverso le narici. Se la narice sinistra ha un flusso d’aria maggiore, allora ida nadi è predominante. Quando il flusso è maggiore nella narice destra, allora pingala è predominante. Se il flusso nella narice destra è uguale al flusso nella narice sinistra, allora sushumna è predominante. Periodicamente e ciclicamente questa predominanza cambia: ogni quindici minuti circa secondo alcuni, ogni volta che cambia l’umore secondo altri, nel corso della vita secondo altri ancora.
Per la maggioranza delle scuole indiane, uno degli scopi delle tecniche yoga in generale, ma di asana, mudra e pranayama in particolare, è quello di collegare la forza del prana individuale con la forza universale del cosmo. A volte per gli Induisti, ma non solo, questa ricongiunzione è strettamente collegata con il concetto di Dio. Oltre al prana individuale esistono infatti altre forze energetiche, che pervadono l’universo, di cui è possibile avere esperienza, tra le quali ad esempio: Shakti, il principio femminile creativo; Shiva, il principio maschile trasformatore; lo Spanda, energia vibrante, eccetera. Sebbene questi tipi di energia siano differenti, la loro origine è unica e la loro sostanza è unitaria.
Alcune scuole di pensiero descrivono il processo di incanalamento dell’energia nell’area che va dalla base della colonna vertebrale alla zona sotto l’ombelico ed il successivo fluire attraverso i chakra, garantito dalle pratiche yogiche, fino ad arrivare alla sommità della testa e a ricongiungersi con l’assoluto, come il risveglio di un serpente dormiente. Secondo una versione il serpente Kundalini ostruisce l’ingresso dei canali energetici e risvegliandosi permette all’energia di fluire; secondo un’altra il serpente è esso stesso l’energia Kundalini che si riattiva. Questa energia è riconducibile alla shakti e questo processo di risveglio ha a che vedere con la reincarnazione e la liberazione dal ciclo delle rinascite. Ma non ci spingeremo così lontano.

1.3 I bandha e i granthi

Quando Brahma granthi è perforato attraverso il pranayama, si sperimenta grande felicità nel cuore, l'Anahat risuona e si sente nel corpo il tintinnio di mille ornamenti.
Hatha Yoga Pradipika 4:6

I bandha sono quattro: jalandhara, moola, uddiyana e maha. L'ultimo di questi è una combinazione dei primi tre. Come i mudra sono in grado di incanalare l’energia, ma come particolare sottocategoria di questi, incanalano l’energia mediante dei sigilli nel corpo (o meglio nei corpi). Questi tre bandha agiscono direttamente sui tre granthi (ग्रन्थि), i tre principali blocchi o nodi energetici che hanno funzione di porte per il prana. I granthi sono blocchi naturali al fluire dell’energia, mentre i bandha sono chiusure intenzionali che permettono all’energia di essere reindirizzata o di compiere delle scorciatoie rispetto a quello che sarebbe il naturale percorso seguito. I tre bandha sono in relazione univoca con i tre granthi. Moola bandha è in relazione con Brahma granthi, uddiyana bandha con Vishnu granthi e jalandhara bandha con Rudra granthi. I granthi impediscono il libero flusso del prana lungo il canale sushumna al centro del corpo, ed impediscono l’attivazione completa dei chakra e il sorgere della Kundalini.
Moola bandha agisce su Brahma granthi, il primo blocco o cancello energetico che è associato con il primo chakra muladhara, all’incirca tra la base della colonna vertebrale e il centro del perineo, e con il secondo chakra swadhisthana, alla base degli organi genitali. Questi due chakra sono collegati con l’istinto di sopravvivenza, la voglia di procreare, con la conoscenza profonda e istintiva, con la consapevolezza e il desiderio. Quando Brahma granthi viene sciolto, aperto, bucato o trasceso che dir si voglia, l'energia kundalini è in grado di risalire oltre mulandhara e swadhisthana senza essere richiamata indietro verso il basso dall’attrazione dei modelli istintivi della personalità. Questo è in poche parole il funzionamento del primo granthi.
Uddiyana bandha agisce sul secondo blocco energetico, Vishnu granthi, che è associato con il terzo chakra manipura, all’altezza dell’ombelico, e con il quarto chakra anahata, il chakra del cuore. Questi due chakra sono collegati con il sostentamento degli aspetti fisici, emotivi e mentali dell'esistenza umana. Manipura sostenta annamaya kosha, il corpo fisico, che disciplina la digestione e il metabolismo. Anahata sostiene manomaya kosha , il corpo mentale - per gli indiani infatti la sede dell’intelletto è il cuore - e anche pranamaya kosha, il corpo energetico. Una volta che Vishnu granthi è rimosso, vengono trascesi il corpo e l’intelletto aprendo la possibilità alla contemplazione della mente superiore e della coscienza. L'energia può inoltre essere attinta direttamente dall'universo e non dai centri localizzati all'interno dell'essere umano.
Jalandhara bandha agisce sull’ultimo blocco, Rudra granthi, che viene associato con vishuddhi chakra, situato nella gola e ajna chakra, tra le sopracciglia. Vishuddhi e Ajna sostengono vijnanamaya kosha, il corpo mentale superiore ovvero la coscienza, e rappresentano la trasformazione di una forma, un'idea o un concetto nel suo aspetto universale. Quando rudra granthi viene oltrepassato cade l’individualità, la vecchia consapevolezza dell'ego è lasciata alle spalle in favore dell’altruismo ed emerge l'esperienza della coscienza oltre ajna chakra verso il sommo chakra, sahasrara, accedendo alla contemplazione dello spirito universale.
Ho sentito da un maestro descrivere l’uso dei banda per rimuovere i granthi, più o meno in questo modo: “Quando applichiamo la chiusura del bandha, l’energia inizia a concentrarsi come se agitassimo una bottiglia di acqua gassata. Ripetendo questa operazione, dapprima il tappo inizierà a sfiatare e passerà solamente un poco di acqua e di gas, ma insistendo il tappo salterà, permettendo al prana di fluire nei piani più alti e permettendoci di crescere sulla via dello yoga.”

1.4 I quattro bandha

Jalandha roddy anana mulabandha njalpanti kanthodarapayumulan.
Bandha trayesminparicheeyamane bandhaha kuto darunakalapashat.

Jalandhara bandha, uddiyana bandha e mula bandha sono situati rispettivamente nella gola, nell’addome e nel perineo. Se possiamo aumentare la loro durata, dov’è la paura della morte?
Yoga Sutra Taravali 1:5

La parola sanscrita bandha (बन्ध) significa legame, vincolo, legatura, cattura, blocco, sigillo, chiusura, ma anche mettere insieme, tenere, trattenere, stringere, sigillare o serrare. Queste traduzioni definiscono precisamente l’azione fisica implicata nelle pratiche dei bandha ed il loro effetto. I bandha mirano a sigillare il prana in determinate aree e a reindirizzare il suo flusso nella nadi principale o sushumna, forzandone l’ascesa.
Come dicevamo i bandha possono essere considerati una sottocategoria dei mudra e possono essere praticati individualmente o incorporati all’interno delle asana, di altri mudra e del pranayama. In questo caso, quando vengono introdotti nelle altre pratiche, possono avere un effetto accresciuto.
I bandha costituiscono innegabilmente un aspetto poco visibile della pratica, nonché, a detta dei maestri, una tecnica che richiede molta dedizione per essere compresa a fondo ed eseguita correttamente. “Quando io vedevo Sri T. Krishnamacharya fare l'uddiyana bandha era una cosa incredibile. Tirava questa pancia verso l'alto e faceva una grande impressione. I bandha sono esperienza del respiro, una parte che difficilmente viene controllata. Ci vogliono anni.”
Da un punto di vista scheletrico e muscolare, in talune posizioni, l’attivazione inconsueta di certi apparati muscolari dovuta alla pratica dei bandha, fornisce un ulteriore supporto, favorisce l’esecuzione delle asana, aumenta la stabilità e rende più difficile procurarsi eventuali infortuni.

1.5 In sintesi


Sakticakrasamdhane visvasamharah.
Nell'unione dei centri delle Shakti vi è la dissoluzione dell'Universo.
Shiva Sutra 1:6

Per la visione yogica indiana del cosmo, l’universo è pervaso di prana, energia che viene incamerata naturalmente da ogni individuo e trasportata nel corpo attraverso i canali o nadi. L’energia entrata nel corpo, tende però, prima di dissolversi a ristagnare. La nadi principale sushumna, che mette in comunicazione lineare i chakra, dal primo all’ultimo, ha infatti tre blocchi energetici, o granthi, che ne impediscono l’ascensione. L’energia ha quindi difficoltà a passare da primo e secondo chakra verso il terzo e quarto, dal terzo e quarto verso quinto e sesto e infine da questi verso il settimo. Grazie alla pratica dello yoga è possibile accrescere l’assimilazione dell’energia e modificare il suo scorrimento. I bandha, eseguiti in associazione alle asana e al pranayama, sono uno dei più potenti strumenti per rimuovere i granthi. In particolare la rimozione dei blocchi energetici ed il potenziamento dello scorrimento dell’energia verso l’alto aprono meravigliose possibilità a livello fisico, mentale e spirituale. Saremo in grado di sperimentare queste possibilità? L’unica strada è iniziare a provare.


2 Jalandhara Bandha


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Fig.2 jalandhara bandha

2.1 Esecuzione

Jalandhara viene generalmente menzionata dai testi e inserita dai guru nella pratica degli allievi, come primo tra i bandha in quanto è la tecnica più semplice da eseguire tra le tre. 
Sediamo in padmasana, la posizione del loto, o in siddha yoni asana, la posizione perfetta, con la testa e la spina dorsale eretti. Le ginocchia devono essere in saldo contatto con il pavimento. Coloro che hanno difficoltà a gestire queste posizioni, possono eseguire jalandhara bandha in piedi. Mettiamo i palmi delle mani sopra le ginocchia. Chiudiamo gli occhi e rilassiamo il corpo intero, inspiriamo lentamente e profondamente, e tratteniamo il respiro. Mentre tratteniamo il respiro, pieghiamo la testa in avanti e premiamo il mento con fermezza contro il petto, il mento comprime il collo e la consapevolezza viene concentrata sul chakra vishuddhi. Questo movimento dovrebbe portare alla chiusura naturale della glottide, come quando deglutiamo. Portiamo la lingua sul palato molle. Tendiamo quindi le braccia e blocchiamole saldamente in posizione estesa, premendo in basso le ginocchia con le mani. Rimaniamo nella posizione finale finché il respiro può essere tenuto comodamente, senza forzare.
Rilassiamo infine le spalle, pieghiamo le braccia, rilasciamo lentamente il blocco della gola, solleviamo la testa e poi espiriamo. Ripetiamo quando la respirazione tornerà alla normalità.
Bisogna prestare attenzione a non espirare fino a quando il blocco del mento sulla gola e l’estensione delle braccia non siano stati rilasciati e la testa non sia nuovamente in posizione verticale. Se dovesse intervenire qualsiasi sensazione di soffocamento, dobbiamo chiaramente interrompere la posizione, riposare e, una volta che la sensazione è passata, riprendere la pratica.
Questo bandha è fondamentale per eseguire le kumbhaka (apnee) durante il pranayama. In alcune asana jalandhara bandha viene eseguito naturalmente, come ad esempio in halasana o sarvangasana; in altre può essere cercato per sperimentarne gli effetti, come ad esempio in paschimottanasana.

2.2 Varianti (preparazione)


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Fig.2b jalandhara bandha semplificato

Possiamo provare una versione semplificata che può agevolare l’allungamento delle vertebre cervicali e la chiusura del mento e prepararci all’esecuzione della modalità precedentemente descritta. Dopo aver piegato il collo, contemporaneamente alla distensione delle braccia, curveremo le spalle verso l'alto e in avanti. Questo movimento farà sì che le braccia rimarranno bloccate e si intensificherà la pressione applicata al collo. In questa forma jalandhara bandha va eseguita da sola, non in associazione con gli altri bandha, con le asana o con il pranayama.

2.3 Fisiologia

Jalandhara bandha comprime i seni carotidei, che si trovano nelle arterie principali del collo ovvero le carotidi. Questi seni aiutano a regolare la circolazione e il sistema respiratorio. Il seno carotideo viene coinvolto nel meccanismo di regolazione a breve termine della pressione sanguigna. Entrando nel dettaglio, nel caso di un aumento di pressione ematica, le pareti delle arterie subiscono uno stiramento, il quale provoca una stimolazione dei barocettori presenti nel seno carotideo. In seguito a questa stimolazione avviene un aumento degli impulsi nervosi, diretti al cervello tramite il nervo glossofaringeo, che vanno ad attivare il sistema nervoso parasimpatico. Quest'ultimo provvederà ad aumentare il rilascio di acetilcolina che diminuirà l'attività del sistema nervoso simpatico. Tutto questo porterà una riduzione della frequenza cardiaca (con conseguente riduzione della gittata cardiaca) e vasodilatazione con diminuzione della pressione sanguigna e rallentamento della respirazione. Allo stesso modo se la pressione nei barocettori carotidei diminuisce, il cuore e la respirazione vengono accelerati. Tutto ciò può avvenire nel giro di pochi secondi o al massimo pochi minuti in quanto è un meccanismo a breve termine.
Esercitando artificialmente una pressione sui seni carotidei, indurremo quindi un rallentamento del sistema circolatorio e della respirazione, compensando l’effetto dell’apnea a polmoni pieni, che invece tende ad innalzare la pressione. Questa pratica produce quindi rilassamento fisico e mentale, alleviando lo stress, l'ansia e il nervosismo tipici dell’iper attivazione del sistema simpatico. Aiuta inoltre a portare e sviluppare l’attenzione verso l’interno, favorendo lo stato meditativo.
Secondariamente, lo stimolo e il massaggio esercitati sulla gola aiutano a bilanciare le funzioni tiroidee che regolano il metabolismo.
La chiusura della gola e la compressione delle arterie che portano il sangue al capo, eseguiti durante un’apnea a polmoni pieni o a polmoni vuoti, possono evitare la conseguente variazione della pressione sanguigna alla testa, quindi agli occhi, alle orecchie e al cervello. In particolare, scongiurando la pressione sull’interno dell’orecchio eviteremo il rischio di vertigini.

2.4 Significati energetici

La parola sanscrita jalandhara (जलन्धर) è un termine composito formato dalla radice jalan che significa 'rete' e dalla radice dhara che significa ‘fiume’ o 'flusso'. Il termine significa quindi: la rete che imprigiona il flusso del respiro. Jalandhara bandha è il blocco che controlla la rete di nadi nel collo, reindirizza e concentra il prana sotto di esso. Questa concentrazione è generalmente accettato che favorisca la rimozione di Rudra granthi, il blocco che fa ristagnare l’energia nei chakra vishuddhi e ajna permettendo il risalire completo della consapevolezza verso il sommo chakra.
Jalandhara bandha, formando inoltre un blocco a livello della gola, impedisce al nettare dell’immortalità amrita (chiamato anche ambrosia o soma), generato da bindu, centro pranico nel retro del capo, che scorre verso il basso, di cadere nel fuoco digestivo. In questo modo il suo prana si conserva. La generazione dell’amrita dal parte del corpo e i collegamenti di questa sostanza con la bevanda che garantisce l’immortalità agli dei sono ricorrenti nelle credenze di tutto l’oriente, ma il discorso ci porterebbe troppo lontano.
Infine, adhara significa anche base o substrato e si fa riferimento a sedici centri specifici nel corpo chiamati in questo modo, che rimandano soprattutto ai chakra minori, aggiuntivi rispetto i sette principali. Jalandhara bandha potrebbe anche essere definita come la pratica che blocca la rete del prana dal collo, reindirizzando il flusso di energia sottile da visuddhi e anja verso alcuni chakra minori e da questi a sushumna nadi. Questo il riferimento nella Gheranda Samhita, testo di Hatha Yoga ad opera di Gheranda e del suo discepolo Chandakapali datato tra il XVI e XVII secolo:

Contraiamo la gola e mettiamo il mento sul petto. Quando jalandhara bandha viene eseguita, vengono trattenuti i sedici adharas. La grande mudra jalandhara provoca la caduta della morte.
Gheranda Samhita 3:10

2.5 Controindicazioni

Le persone che soffrono di spondilosi cervicale, ovvero dell’usura delle articolazioni che uniscono le vertebre all'altezza del collo, o di vertigini, dovrebbero prestare la massima attenzione in quanto le vertebre cervicali vengono ampiamente sollecitate durante l’esecuzione di jalandhara bandha.
Gli individui soggetti a ipertensione endocranica, ovvero l’aumento patologico della pressione intorno al cervello, dovrebbero evitare la posizione in quanto la pressione potrebbe subire delle variazioni repentine.
Infine nei casi di malattie cardiache è sconsigliato praticare jalandhara bandha; sembrerebbe un controsenso, in quanto abbiamo visto che riduce la pressione arteriosa, ma la lunga ritenzione del respiro produce comunque uno sforzo sul cuore.



3 Mula Bandha


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Fig.3 Mula bandha

3.1 Esecuzione

Mula bandha consiste nella contrazione di alcuni muscoli del pavimento pelvico. La questione dell’esatto posizionamento del punto da contrarre è ricorrente. Nel corpo maschile l’area da contrarre si trova al centro tra l'ano e l’osso pubico, leggermente più all’interno e più verso l’alto del perineo. Nel corpo femminile, il punto di contrazione è dietro il collo dell'utero, dove l'utero sporge nella vagina, quello che comunemente è chiamato “punto G”. Alcuni  maestri non ritengono comunque errata, o quantomeno sostanzialmente differente, l’esecuzione di mula bandha sollevando tutto il pavimento pelvico e contraendo il perineo, i genitali e l’ano. Sviluppare maggior precisione e consapevolezza dei muscoli che si sollecitano è peró sicuramente positivo.
Sediamo in un'asana di meditazione in cui le ginocchia tocchino solidamente il pavimento. Le migliori posizioni sono padmasana, siddha yoni asana o mulabandhasana che consiste nel sedersi e portare un tallone a contatto con il perineo, l’altra gamba semidistesa o incrociata, contribuendo a migliorare le prestazioni di questo bandha. Mettiamo le mani sulle ginocchia. Chiudiamo gli occhi e rilassiamo il corpo intero per qualche minuto. Inspiriamo profondamente e tratteniamo il respiro contraendo il perineo e tenendo la contrazione più saldamente possibile. Non dobbiamo però sforzarci. La regione inferiore dell'addome tra l'ombelico e il pube rientra leggermente e viene spinta verso il diaframma. Questo è il bandha finale. Lo manteniamo fino a quando possiamo trattenere comodamente il respiro. Rilasciamo lentamente moola bandha, solleviamo la testa ed inspiriamo.

3.1.1 Tecnica preparatoria

Fase I: siediamo in padmasana o in siddha yoni asana, la posizione perfetta, in modo che sia applicata pressione alla regione perianale. Chiudiamo gli occhi e rilassiamo il corpo intero. Portiamo rapidamente la consapevolezza al respiro in modo che sia naturale. Spostiamo poi la consapevolezza sulla regione perianale. Contraiamo la regione perianale tirando verso l’alto i muscoli del pavimento pelvico e poi rilassandoli. Continuiamo a contrarre e rilassare brevemente la regione perianale ritmicamente e con un ritmo uniforme.
Fase 2: lentamente contraiamo questa regione e manteniamo la contrazione. Continuiamo a respirare normalmente; non tratteniamo il respiro. Manteniamo la consapevolezza sulle sensazioni fisiche. Contraiamo leggermente di più, mantenendo il resto del corpo rilassato. Poi contraiamo solamente i muscoli della regione del perineo. Inizialmente si contrarranno anche i muscoli dell’ano e dello sfintere urinario, ma quando svilupperemo un maggior controllo e consapevolezza, questo effetto sarà ridotto fino a scomparire. Infine, avvicinando il piede, sarà possibile sentire contro il tallone un unico punto che si muove. Rilassiamo tutti i muscoli lentamente e in modo uniforme. Rilassiamo la spina dorsale in modo da concentrarci maggiormente sul punto della contrazione.
Ripetiamo passando ogni volta dalla massima contrazione al totale rilassamento.

3.2 Varianti (pratiche correlate)

Inizialmente, è difficili isolare l’esatta area corrispondente a mula bandha, quindi viene di solito raccomandato di perfezionare prima ashwini mudra e vajroli mudra per acquisire sensibilità nelle contrazioni.

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Figura 5 . punti di contrazione di vajroli, mula e ashwini

Vajroli mudra

Vajroli mudra per le donne viene chiamato Sahajoli mudra. Sediamo in una comoda posizione meditativa con la testa e la spina dorsale eretti. Posizioniamo le mani sulle ginocchia in chin mudra (contatto pollice-indice con i palmi verso l’alto) oppure jnana mudra (contatto pollice-indice con i palmi verso il basso). Ci rilassiamo e portiamo l’attenzione sull’uretra. Inaliamo, tratteniamo il respiro e proviamo a trattenere l’uretra verso l’alto. Questa azione è simile a quella che facciamo quando tratteniamo uno stimolo urgente a urinare. La parola vajroli deriva dalla radice sanscrita vajra che significa 'fulmine', o 'potente', mentre sahaj significa 'spontaneo' e oli significa ‘lanciare' o 'a volare'. Vajroli è quindi la forza che muove verso l'alto con la potenza del fulmine e la capacità spirituale ad elevarsi. Vajra è il nome del canale energetico che che collega gli organi riproduttivi con il cervello e scorre all’interno di sushumna.

Ashwini mudra

Sediamo in una comoda posizione meditativa, chiudiamo gli occhi e rilassiamo l’intero corpo. Concentriamoci per alcuni minuti sul respiro naturale, poi portiamo la consapevolezza all’ano. Contraiamo i muscoli dello sfintere anale senza sforzare. Cerchiamo di confinare l’azione alla sola regione anale. Questo mudra è particolarmente efficace quando associato con la ritenzione del respiro, in questo caso dovremmo contrarre durante l’apnea e rilasciare nelle fasi successive. Ashwini in sanscrito significa cavallo e la pratica si chiama in questo modo perché ricorda i movimenti di contrazione dello sfintere che compiono i cavalli immediatamente prima e dopo aver evacuato.

3.3 Fisiologia

Mula bandha stimola il pavimento pelvico, i nervi e la muscolatura presenti nella cavità pelvica, uno dei punti del corpo umano con la maggiore presenza di terminazioni nervose. Il pavimento pelvico partecipa alle funzioni urinaria, fecale, sessuale, riproduttiva, alla statica pelvica e alla biomeccanica del cingolo pelvico. In tale zona al di sotto di pelle e mucose, è presente tessuto muscolare, così come nella restante parte del corpo umano. Il pavimento pelvico è costituito oltre che di muscoli, organizzati in tre diversi strati più o meno profondi nel bacino, anche da tessuto connettivo (legamenti e fasce). I visceri pelvici (vescica, uretra e retto, utero e canale vaginale nella donna, prostata e testicoli nell’uomo) sono poggiati o collegati con i muscoli e con il tessuto connettivo che compongono il pavimento pelvico, che può essere pertanto paragonato ad un’amaca. Inoltre uretra e canale anale nella loro parte finale “attraversano” il pavimento pelvico, che determina quindi intorno ad essi fibre muscolari ad andamento circolare, cioè gli sfinteri, rispettivamente uretrale e anale. Anche il canale vaginale nella sua parte finale è circondato ad anello dalle fibre del pavimento pelvico. Il pavimento pelvico si estende dal pube (in avanti) al coccige e al sacro (all'indietro), mentre lateralmente si attacca in parte direttamente alle ossa del bacino, in parte si inserisce su altri muscoli o strutture connettive. Da questi punti di origine, quasi tutte le fibre muscolari prendono contatto con una grossa formazione tendinea facilmente individuabile dall'esterno, situata tra l'ano e la vagina nella donna e tra l'ano e la base dei testicoli nell'uomo, chiamata centro tendineo del perineo. La tutela dei visceri pelvici passa anche dalla capacità di riconoscere il pavimento pelvico e attivarlo in modo automatico durante lo svolgimento delle azioni quotidiane. Uno starnuto, un colpo di tosse, il sollevamento di un peso oppure l’esercizio fisico o la contrazione dei muscoli addominali, aumentando la pressione interna, sollecitano questa parte del corpo.
La contrazione di queste aree stimola l’apparato l'uro-genitale e le vie escretorie. La contrazione dell’ano e delle zone adiacenti favorisce la peristalsi intestinale ed è quindi indicata per alleviare la costipazione. Migliorare il tono di questa muscolatura ha un effetto positivo sulle emorroidi. Analogamente è anche utile nei casi di ragadi anali, ulcere, prostatiti, ipertrofia prostatica e infezioni pelviche non cronici. E’ provato che il pavimento pelvico e il suo controllo siano correlati con l’orgasmo sia femminile che maschile.

3.4 Significati energetici

Swami Buddhananda, nella sua opera ‘Moola Bandha the Master Key’, insegna come questo bandha costituisca il sigillamento della parte più bassa del sistema energetico, prevenendo la dispersione verso il basso del prana. Mula bandha stimola l’energia in mulandhara, partecipando al risveglio di kundalini shakti. Quando si pratica mula bandha il prana viene compresso verso sushumna. Il rilassamento del bandha permette al prana di fluire verso la parte alta del corpo, rimuovendo, come si è visto, sciogliendo e perforando Visnu granthi e espandendo la consapevolezza.
Quando mula viene praticato in congiunzione con le kumbhaka, ovvero le apnee a polmoni vuoti o pieni, insieme al respiro viene arrestato e interrotto anche il flusso tra gli opposti, tra inspirazione ed espirazione, nascita e morte, gioia e tristezza, guadagno e perdita. Attraverso mula bandha lo yogi è in grado di cristallizzarsi “nell’eterno ora” interrompendo la dualità dell’esistenza, del movimento e del cambiamento.
Sebbene possa apparire come una semplice contrazione muscolare, continua Buddhananda, il reale lavoro è spirituale. Stimolando le energie in questa area, diventiamo più consapevoli dei chakra, delle nadi e delle componenti psichiche presenti. Con il tempo e la pratica costante possiamo raffinare la nostra energia, e convertirla in una forza altamente concentrata, come un laser può convertire l’energia da una lampadina da dieci watt in una fonte potente come la superficie del sole. Nei Veda è scritto che le nadi si originano da medhra, situato sopra mulandhara, quindi le 72.000 nadi vengono tutte stimolate con il mula bandha, favorendo la relazione tra fisico, mente e spirito.

3.5 Controindicazioni

Tutti i testi classici raccomandano che questa pratica sia eseguita sotto la guida di un maestro yoga esperto, per non incorrere nella sterilità o nell’impotenza. Il rapido risveglio energetico potrebbe inoltre peggiorare una situazione di iperattività. Le controindicazioni sono però collegate più al piano energetico che non a quello strettamente fisiologico, secondo il quale non riscontriamo particolari controindicazioni.
Sebbene in gravidanza sia comunemente consigliata l’esecuzione di mula bandha e il conseguente rafforzamento del pavimento pelvico, Leslie Kaminoff, l’autore di Yoga Anatomy, mette in guardia da una pratica eccessiva, prolungata e ripetuta di questo bandha prima del parto, in quanto potrebbe creare difficoltà nel rilassamento dell’utero necessario alla nascita del bambino. Probabilmente Kaminoff ha in mente le indicazioni proprie dell’Ashtanga Yoga di mantenere la contrazione in modo continuo per tutta la pratica, che nel caso della prima o seconda serie complete consiste anche in un’ora e mezza o due.




4 Uddiyana Bandha

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Fig.2 Uddiyana bandha

4.1 Esecuzione

Sediamo in padmasana o siddha yoni asana, con la schiena ben eretta e le ginocchia a contatto con il pavimento. E’ possibile utilizzare un cuscino da meditazione sotto i glutei per far abbassare ulteriormente le ginocchia. Posizioniamo i palmi delle mani piatti sulle ginocchia. Chiudiamo gli occhi e rilassiamo completamente il corpo. Inspiriamo profondamente dalle narici. Espiriamo dalla bocca con un sibilo, svuotando quanto più possibile i polmoni. Tratteniamo il respiro in apnea a polmoni vuoti. Pieghiamoci in avanti e premiamo verso il basso le ginocchia con i palmi delle mani. Stendiamo i gomiti e solleviamo le spalle, consentendo un'ulteriore estensione della colonna vertebrale, come se effettuassimo un respiro, ma senza respirare. Aggiungiamo anche jalandhara bandha in modo spontaneo, premendo il mento contro il petto. Contraiamo i muscoli addominali verso l'interno ovvero verso la colonna vertebrale e verso l'alto. Teniamo il blocco addominale e l’apnea a polmoni vuoti più a lungo possibile, ma senza sforzare. Poi rilasciamo il blocco addominale, pieghiamo i gomiti e abbassiamo le spalle. Solleviamo la testa e inspiriamo lentamente.
Rimaniamo in questa posizione fino a quando la respirazione torna ad essere normale, poi iniziamo il ciclo successivo.
Uddiyana bandha deve essere eseguita esclusivamente durante bahya kumbhaka (apnea a polmoni vuoti) e mai durante antara kumbhaka (apnea a polmoni pieni), se non in modo appena accennato. Secondo molti è più facile da eseguire, se prima si pratica una posizione invertita.

4.2 Varianti (preparazione)

Uddiyana bandha non è immediatamente intuitiva da fare, è la tecnica più difficile tra i tre bandha. Quindi, per padroneggiarla bene, viene consigliato di eseguirne una versione in piedi semplificata, per poi passare alla versione completa quando si è pronti.
Posizioniamoci in piedi, con i piedi distanti all’incirca un mezzo metro o la distanza delle spalle. Inspiriamo profondamente attraverso le narici. Pieghiamoci in avanti facendo perno dalla vita ed espiriamo tutta l'aria attraverso la bocca. Proviamo a svuotare i polmoni per quanto possibile. Manteniamo la colonna vertebrale orizzontale e pieghiamo leggermente le ginocchia. Mettiamo i palmi delle mani sulle cosce appena sopra le ginocchia, in modo che le gambe sostengono il peso del torace. Le dita possono essere sia verso il basso che una verso l'altra. Assicuriamoci che le braccia siano dritte. In questa posizione la contrazione della regione addominale è automatica. Pieghiamo la testa in avanti, ma non premiamo il mento contro il petto. Facciamo una falsa inspirazione, mantenendo la glottide chiusa e espandendo il torace, come se si respirasse, ma in realtà non non prendiamo in aria. Raddrizziamo un po' le gambe. Questo movimento tirerà automaticamente l'addome verso l'alto e verso l'interno, verso la colonna per formare uddiyana bandha.
Manteniamo questa posizione per un periodo di tempo confortevole, senza sforzare. Rilasciamo il blocco addominale e rilassiamo il petto. Raddrizziamo le ginocchia e solleviamo la testa. Espiriamo leggermente per rilasciare il blocco sui polmoni e, infine, inspiriamo lentamente attraverso il naso.
Rimaniamo in posizione eretta fino a che il respiro non ritorna alla normalità prima di iniziare il turno successivo.

4.3 Fisiologia

Uddiyana bandha massaggia in profondità tutto l’addome, lo spazio in cui sono compresi la maggioranza degli organi del corpo. La cavità addominale si trova tra il torace e la pelvi. Manca di un dispositivo scheletrico in corrispondenza delle sue parti anteriore e laterali dove si trovano muscoli e fasce; dorsalmente, invece, lo scheletro è dato dal tratto lombare del rachide. Uddiyana comprime quindi le sole parti molli. Le pareti dell’addome delimitano la cavità addominale che è superiormente chiusa dal diaframma; inferiormente la cavità prosegue nella cavità pelvica e il limite tra queste due parti è rappresentato da un piano passante per lo stretto superiore della pelvi; la grande pelvi, perciò, entra a far parte della cavità addominale. La cavità addominale è rivestita interamente da una membrana sierosa detta peritoneo. La divisione schematica più semplice separa l'addome in quattro quadranti. Il quadrante superiore sinistro contiene: stomaco, milza, fegato (lobo sinistro), pancreas (corpo), rene e surrene di sinistra, parti del colon, intestino tenue. Il quadrante superiore destro contiene: fegato, cistifellea con albero biliare, colon, rene e surrene di destra, duodeno, testa del pancreas, intestino tenue. I quadranti inferiori confinano con le pelvi includendo colon, ovaie e uretere.
Lo svuotamento dei polmoni provoca la salita massima del diaframma, il successivo allungamento verso l’alto della schiena e lo stiramento di tutto l’addome, fa si che tutti gli organi siano richiamati leggermente verso l’alto, contrastando la normale gravità che pesa su di essi. Gli organi della cavità addominale sono infatti mantenuti saldi tramite l’immersione nel  peritoneo e la connessione tramite i legamenti peritoneali agli altri organi, alla parete addominale anteriore e proprio al diaframma.
E’ stato riscontrato che uddiyana bandha provoca bradicardia sinusale (riduzione della frequenza cardiaca), ciò può essere dovuto alla pressione negativa all’interno del torace.
Uddiyana bandha è considerata benefica per molti dolori addominali e disturbi di stomaco, stitichezza, cattiva digestione, e problemi di intestino purché non siano cronici. Viene stimolata la digestione e la secrezione dei succhi gastrici. Favorisce il ricambio di sangue negli organi e quindi il suo effetto può essere considerato depurante.

4.4 Significati energetici

Uddiyana bandha stimola manipura, il chakra del plesso solare, all’altezza dello stomaco, sede dell’ego, che ha molte influenze sottili sulla distribuzione di energia in tutto il corpo. Si crea inoltre una pressione di aspirazione, che inverte il flusso del tra apana e prana, unendole con samana e stimolando il chakra manipura. Genera “un'esplosione di energia” che viaggia verso l'alto attraverso sushumna nadi e trascende come già detto Vishnu granthi. Non a caso la parola sanscrita uddiyana significa 'salire' o 'a volare verso l'alto'.
Il plesso solare, centro di tutte le emozioni e dell’intelletto, subisce un'importante fase di riequilibrio, sia nella distribuzione dell'energia attraverso le varie nadi, sia in uno stato complessivo di sinergia tra le varie funzioni psicofisiche dell'organismo.
La Gheranda Samhita afferma: 'Di tutti i bandha, questo è il migliore. La sua esecuzione rende facile l'emancipazione'. Vari testi spiegano come l’uso evoluto e sapiente del diaframma durante la pratica dello yoga possa dare accesso ad un “secondo cuore”,  tanto sarebbe importante la funzione di questo muscolo alla circolazione dell’energia.
Uddiyana è inoltre ritenuta una delle migliori tecniche per acquietare il respiro, la Varaha Upanishad afferma: "Il respiro accompagna la vita allo stesso modo dell'ombra che accompagna un oggetto, Uddiyana è la pratica che si contrappone all'agitazione del respiro".

4.5 Controindicazioni

Le persone che soffrono di colite, di ulcera allo stomaco o intestinale, ernia diaframmatica, dovrebbero evitare questa posizione per la stimolazione diretta che avviene su queste zone già irritate o danneggiate. Dovrebbe anche essere evitata dalle donne in gravidanza, infatti porta una forte compressione nella zona del feto al quale potrebbe non giovare e nella zona dell’addome tutta, già costipata. Anche durante il ciclo, la spinta verso l’alto degli organi interni potrebbe creare una depressione che favorirebbe il senso opposto di direzione rispetto il naturale flusso del sangue mestruale, non è quindi consigliata durante i primi giorni.
E’ da evitare l’esecuzione a stomaco pieno, anche dopo aver bevuto. Allo stesso modo va evitata con l’intestino costipato o prima di evacuare. Se si è affamati potrebbe stimolare i succhi gastrici peggiorando la sensazione e creando bruciore di stomaco.


5 Maha Bandha

Maha bandha non è altro che l’esecuzione contemporanea di tutte e tre le chiusure precedentemente esposte. Principi fisiologici, energetici e controindicazioni sono quindi la somma dei precedenti. La parola sanscrita maha, significa ‘grande’. E’ quindi chiamato il grande bandha perché combina tutti e tre gli altri in un’unica posizione.

5.1 Esecuzione

Sediamoci in padmasana o siddha yoni asana, con le mani sulle ginocchia, la schiena dritta e la testa eretta. Chiudiamo gli occhi e rilassiamo l’intero corpo. Respiriamo lentamente e profondamente attraverso il naso. Inspiriamo ed espirando dalla bocca facciamo un’apnea a polmoni vuoti e successivamente eseguiamo jalandhara, uddiyana e mula bandha in questo ordine. Alcuni testi raccomandano di avvicinare a questo punto il tallone a contatto con il perineo Tratteniamo il respiro e la posizione fino a che è confortevole senza sforzo. Poi rilasciamo moola, uddiyana e jalandhara bandha in questo ordine. Inspiriamo lentamente quando la testa è eretta. Quando il respiro si normalizza possiamo eseguire altri cicli.
Alcuni testi focalizzati sul risveglio di Kundalini, raccomandano di eseguire la sequenza maha bandha, maha mudra, maha vedha. Senza entrare nei dettagli, basti accennare che per maha mudra intendono una versione di janu sirsasana con il tallone al perineo e le chiusure di maha bandha e per maha veda, la precedente posizione sollevandosi con le mani da terra.

5.2 Maha Bandha nei testi classici

Raggruppando questa tecnica jalandhara, uddiyana e mula bandha sotto un’unica posizione, può essere particolarmente interessante vedere come sia descritto nei testi della tradizione tantrica classica dell’Hata Yoga:

5.2.1 Shiva Samhita 4:21-22

21. Allora, avendo disteso il piede destro, ponilo sulla coscia sinistra; contrai il perineo e dirigi l' panâ-vâyu in alto e uniscilo col Samanâ-vâyu; ruota il Prâna-vâyu in basso e quindi, o saggio Yogi, uniscili in trinità nell'ombelico. Io ti ho parlato adesso del Mahâbandha, che mostra la via verso l’emancipazione. Attraverso ciò, tutti i fluidi nei vasi del corpo dello Yogi sono spinti verso la testa. Questo deve essere praticato con grande attenzione, alternativamente con ambo i piedi.
22. Attraverso questa pratica, il soffio entra nel canale centrale di Sushumnâ, il corpo è rinvigorito da esso, le ossa sono fermamente legate, il cuore dello Yogi diventa pieno di gioia. Attraverso questo Bandha, il grande Yogi soddisfa tutti i suoi desideri.

5.2.2 Hatha-Yoga Pradipika 3:19-22

19. Porre la caviglia del piede sinistro contro il perineo ed il piede destro sulla coscia sinistra.
20. Con il torace pieno d'aria, premendo forte il petto, comprimere il Vâyu col Mûlabandha e fissare la mente sulla via mediana.
21. Trattenere il respiro quanto più è possibile, poi espirare lentamente. Dopo avere eseguito con il lato sinistro, ripetere con il destro.
22. Certi Yogi pensano che il Bandha della gola debba essere evitato in questo caso, e che sia preferibile il Bandha eseguito con la lingua premuta contro gli incisivi.
23. Questo ferma il movimento ascendente di tutte le Nâdî. Veramente questo Mahâbandha conferisce grandi Siddhi.
24. E' un mezzo saggio per liberarsi del grande cappio della morte. Porta alla confluenza delle tre correnti, e trasporta la mente in Kedâra.

5.2.3 Gheranda Samhita 3:6 18-20

18-19. Chiudi l'orifizio anale col tallone sinistro, comprimi attentamente quel tallone col piede destro, muovi lentamente i muscoli del retto, e contrai lentamente i muscoli del perineo (Yoni): ritira il respiro mediante Jâlandhara. Questo è chiamato Mahâ-Bandha. I suoi benefici:
20. Mahâ-Bandha è il più grande Bandha; esso distrugge la decadenza e la morte; in virtù di questo Bandha un uomo soddisfa tutti i suoi desideri.

5.2.4 Yoga Taravali Umesh 1:5-7

5. Quando i praticanti dichiarano che Jalandhara, Uddiyana e Mula Bandha sono situati rispettivamente nella gola, nell’addome e nel basso ventre, come può esserci alcuna schiavitù causata dal tempo spietato?
6. Quando il serpente femminile è svegliato dalla pratica di Uddiyana, Jalandhara e Mula Bandha, il vento che è diretto all’interno entra in Sushumna e abbandona il suo percorso verso l’esterno.
7. Il fortunato beve il flusso discendente dell’ambrosia che proviene dalla luna ed è stato incanalato grazie alla compressione dell’energia dell’apana da cui sono accese le fiamme del fuoco di Moolandhara.


Quasi tutti i praticanti di una certa esperienza conoscono mula bandha e uddiyana bandha e le eseguono durante la pratica delle asana e jalandhara, che eseguono durante il pranayama, ma mi auguro che approfondire questi argomenti con i testi tantrici, i manuali di diverse scuole classiche possa aver approfondito la consapevolezza di queste tecniche e averle spirnte leggermente oltre. La funzione di sostegno che possiamo sperimentare con mula bandha e una leggera contrazione addominale di uddiyana, è sicuramente la più facile da percepire e descrivere. E’ notevole la protezione e solidità che conferisce alla zona pelvica ed all’addome, ma anche al tratto lombare della colonna vertebrale ed ai fianchi. L’esecuzione forte e attenta di mula e più leggera di uddiyana durante le pratiche più dinamiche dei vinyasa garantisce in modo molto evicdente il maggior controllo di tutto il corpo. In particolare, ad esempio, quando si salta in avanti da adho muka svanasana a uttanasana oppure da adho muka, il salto tra le braccia, diretto, in dandasana o navasana. Anche nelle pratiche statiche, un mula bandha forte permette di entrare nelle posizioni con maggiore controllo e lentezza. In particolare poi una maggiore solidità è subito visibile in urdhva dhanurasana, bakasana, sirsasana, uttanasana e molte altre. Mula bandha mi conferisce una grande sensazione di sostegno in queste circostanze, alla zona lombare, alla zona pelvica e alla cavità addominale. Oltre questa funzione, le asana sembrano più potenti se eseguite con mula bandha, nel senso che la linea di calore o energia  sembra più intensa e si sviluppa con maggiore facilità. La sensazione di incanalare il prana lungo la colonna vertebrale in senso ascensionale diviene quasi tangibile. Allo stesso modo l'utilizzo consapevole di jalandara bandha durante il pranayama,  può conferier, mi auguro, una nuova luce alla nostra pratica.

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