Il mito dietro le asana: Matsyasana, il pesce

settembre 15, 2016

Come spesso accade, la traduzione non rende giustizia alla complessità dietro il nome sanscrito di questa posizione. Matsya non è un pesce qualunque, ma è un personaggio mitologico importantissimo, colui che divulgò lo yoga al genere umano dopo averlo "rubato" a Shiva e Parvati in persona. Il rapporto Matsya-Shiva introduce anche la relazione tra insegnante (guru) e studente (chela), molto importante nel pensiero vedico e indiano, mostrando il sistema stesso con cui si tramanda lo yoga: il cosiddetto parampara. I significati sono molteplici così come i rimandi, basti pensare che Matsya è spesso raffigurato come avatar di Visnu, ma entriamo ora nel vivo della storia per poi analizzare i collegamenti con la posizione yoga stessa.

Dopo una meditazione di appena diecimila anni, Shiva decide di scendere dal monte Kailash dove si era ritirato. La divinità è solita a queste meditazioni profonde. Ad esempio, i semi di Rudraksha che compongono le collane con cui il Dio dal tridente viene raffigurato e che molti yogin portano al collo o al polso, il mito ci dice siano frutto della lacrimazione provocata dal riaprire gli occhi dopo migliaia di anni di meditazione, le lacrime caddero sulla terra e originarono questa pianta.

Sua moglie Parvati, contenta di rivederlo, prepara per l'occasione un bel pic-nic sul fiume. In questa cornice familiare Shiva annuncia alla sposa che la meditazione lo ha portato a scoprire la più incredibile delle arti, il segreto dell'universo stesso, la fonte di unione tra l'individuo e la divinità: lo yoga. In alcune versioni del racconto a questo punto Parvati fa capire di conoscere già di cosa si tratti e di aver già praticato questa arte, senza però interrompere il marito. Parvati non vede il marito da diecimila anni, lo festeggia e non lo interrompe mentre parla: il carattere mitologico del racconto è evidente.  Scherzi a parte, questo dettaglio, che cioè Parvati già conosca lo yoga, è inserito ad arte per ribadire la duplice origine e la duplice potenza dello yoga, maschile, ma anche femminile. Ha-ta, il sole e la luna.

Shiva inizia quindi la trattazione dello yoga a Parvati. Proprio in quel momento passa nel fiume il signore dei pesci, Matsya, per alcune scuole di pensiero emanazione e avatar di Visnù. Chi conosce i miti indiani sà come le divinità siano strettamente intercorrelate le une con le altre, in modo diverso da regione a regione o a seconda della divinità principale adorata. Alcune scuole esegetiche indiane arrivano a dichiarare che le differenti divinità rappresentino i molteplici aspetti di un unico Dio. Non sappiamo con certezza se questa interpretazione sia stata influenzata dal contatto con l'Occidente monoteistico e dalle sue indagini storico-religiose, oppure se effettivamente questa visione del mondo abbia influenzato le grandi religioni monoteistiche nella notte dei tempi, ma non spingiamoci così lontano.

Matsya, ascoltando la perfetta narrazione del padre dello yoga viene istantaneamente illuminato in questa arte e si compie così la prima trasmissione tra guru ed allievo (chela) che da quel giorno in poi caratterizzerà la diffusione dello yoga, il cosiddetto lignaggio o parampara.

Matsya, il pesce, o Matsyendra, il signore dei pesci, che dir si voglia, viene rappresentato in India nella forma completa di questo animale, oppure per metà uomo e solo per metà pesce. Egli è sempre di colore blu come Visnù, mentre shiva e le sue emanazioni sono di pelle bianca. Il suo corredo è come di consueto ricco e nelle numerose mani sorregge altrettanti oggetti, le divinità indiane posseggono infatti molte braccia. Per citarne alcuni: il disco rotante (sudarshana chakra), la conchiglia (shankha), la mazza (gada) e il loto (padme) tipici anche di Visnù, a cui si aggiungono altre mani che interpretano elaborati mudra (gesti delle dita) dai poteri non sempre intellegibili.

Le gesta del Signore dei Pesci sono narrate nel testo sacro del Matsya Purāṇa, il più antico testo vedico, ma anche uno dei più antichi testi religiosi nella storia dell'umanità, la cui composizione risale oltre il I Millennio Avanti Cristo. Egli è protagonista di diverse vicende mitiche di cui questa, a dire il vero, non rappresenta una delle più importanti. Matsyaendra è infatti famoso per aver condotto in salvo, su di un'arca, gli animali durante il grande diluvio che sommerse tutta la terra ad eccezione delle montagne Hymalaiane. Matsya è un po' il Noè dei Veda, ma non regalò il vino agli uomini, bensì lo yoga. Inutile sottolineare le analogie bibliche, ma una comparazione ci porterebbe troppo lontano. Non ci stanchiamo però di ricordare come le popolazioni Europee e le genti indiane abbiano una comune origine facilmente visibile nelle rispettive lingue antiche e moderne (es.: latino, sanskrito, italiano, hindi, etc.), così come in molti racconti religiosi. Esse facevano infatti tutte parte del popolo Indoeuropeo che 4.500 anni fa circa popolava l'Asia Centrale.

Come dicevamo Matsya decise poi di tramandare lo yoga agli uomini e di ispirare, secondo la leggenda, il testo base si questa arte, formalizzato da Svātmārāma nel XV secolo: lo  Hatha Yoga Pradipika. Formalmente tutti i lignaggi e tutti noi yogin siamo discepoli di Matsya. Ancora una volta il mito sottolinea l'unitarietà dello yoga.

Per omaggiare il mitico messaggero con cui Shiva offrì lo yoga agli uomini, sono tramandate due posizioni che qui vediamo nella fantastica interpretazione di Yiengar guruji:

Matsyendrasana (il signore dei pesci)

L'esecuzione di Matsyendrasana comporta una torsione della spina dorsale e una separazione tra la parte superiore del busto, che rappresenta la parte umana del mitico divulgatore, e la parte inferiore, dove la gamba piegata richiama evidentemente la coda del pesce. 

Matsyasana (il pesce)


Matsyasana è invece una posizione che si esegue supini. Queste raffigurate qui sopra sono solamente tre varianti tra le molteplici che la posa offre. L'ultima è probabilmente la più diffusa, ma è anche evidentemente una semplificazione dovuta alla difficoltà di tenere le gambe in padmasana per gli allievi principianti. La forma richiama la sagoma di un pesce  che si tuffa nell'acqua. Come dicevamo, Matsya tiene spesso in mano un loto. Chiaro appare il legame tra la posizione delle gambe e questo attributo.


Sapendo le origini sacre e divine di questa asana, probabilmente nel futuro tutti noi la eseguiremo con un certo timore reverenziale, ma certi che lo yoga sia uno e unico come la sua discendenza da Matsya, a dispetto delle varie mode del momento.

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