Yoga e Bisogni Educativi Speciali

marzo 30, 2020


 Photo by Ben White, Unsplash.

di Enrico Casagrande

Introduzione

L’espressione bisogni educativi speciali ed il suo acronimo BES entrano nel vocabolario pedagogico italiano a partire dai primi anni duemila evolvendosi in una direttiva ministeriale completa ed applicativa a fine dicembre 2012. Sempre in Italia, la legge n.4 del gennaio 2013 riconosce nell’insegnamento dello yoga una tra le professioni non regolamentate che possono trovare un loro esistere attraverso una deontologia affidata ad enti in grado di offrire una formazione qualitativamente all’altezza della domanda. La consapevolezza sociale e politica raggiunta sulla necessità di normare professioni che, eventualmente, possono incorrere nel rischio di divenire improbabili realtà, prive di competenze razionalmente indagabili, è un passo importante verso un formare e fruire dello yoga entro limiti condivisibili e comunicabili. La mossa successiva è quella di riconoscere come due ambiti normativi, apparentemente distanti nei loro fini, possano trovare importanti occasioni di dialogo a vantaggio della persona riconosciuta con BES.



Il dialogo tra la pedagogia speciale e lo Yoga

I Bisogni educativi speciali vengono definiti attraverso lo strumento dell’ICF (International Classification of Functioning) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità prodotto nel 2001 e in una versione rivolta a bambini ed adolescenti nel 2007 (ICF-CY). In esso è esplicitato un modello antropologico dove il funzionamento della persona è osservato secondo una prospettiva bio-psico-sociale. L’ICF “legge” la disabilità come una condizione d’insieme determinata dall’interazione tra deficit funzionali e/o strutturali della persona e contesti di vita. Le menomazioni variano a seconda dei facilitatori o delle barriere della quotidianità. L’interpretazione dei bisogni offre in tal senso la condizione di poter disporre di una modalità univoca, non solo di definizione, ma anche di comunicazione e condivisione tra enti, strutture sanitarie, agenzie educative e tutti i contesti formali e non formali nei quali possa vivere la persona alla quale vengano riconosciuti tali bisogni. Nello specifico della scuola, una qualsiasi difficoltà che sia permanente o transitoria, nata dall’interazione di fattori di salute e ambientali, viene quindi riconosciuta come meritevole dell’attivazione di adeguate misure educative e didattiche speciali.
Ciò detto appare interessante riflettere in questa sede come lo yoga, adottato per il benessere in senso lato della persona e specificatamente per la persona con bisogni educativi speciali può divenire l’occasione per impostare un dialogo tra esperti dei vari settori al fine di sviluppare politiche inclusive legate alla cura della persona nell’accezione pedagogica che il termine cura può assumere (vd. questa rivista “Insegnamento e formazione nello yoga febbraio 19, 2020).

Le categorie BES

I bisogni educativi speciali vengono riconosciuti e quindi certificati da referenti della sanità competenti nelle specifiche patologie o difficoltà d’apprendimento connesse a disturbi specifici dell’apprendimento. L’evoluzione di leggi e decreti negli ultimi anni hanno permesso di riconoscere come bisogni educativi speciali anche le condizioni di svantaggio sociale o economico che possono essere temporanee ed in ogni caso essere ostacoli allo sviluppo armonico della persona. La legge di riferimento per l’integrazione e l’inclusione della persona con certificata disabilità è la 104 del ’92 (1). Essa comprende tutti i passaggi che iniziano con la certificazione diagnostica sino alle indicazioni di presa in carico da parte della scuola, chi può avvalersene avrà come supporto un insegnante specializzato all’integrazione scolastica ed eventualmente un operatore alle autonomie. Una seconda sottocategoria di persone che possono avvalersi di una didattica speciale sono coloro i quali si avvalgono della legge 170 del 2010. Si tratta di soggetti che presentano disturbi evolutivi specifici dell’apprendimento quali: dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia. Pur non necessitando di figure individualizzate nella didattica di classe, i ragazzi con DSA, acronimo indicante i disturbi specifici dell’apprendimento, sono supportati con didattiche dispensative e compensative che promuovono i processi formativi e la partecipazione. La crescente sensibilità alle componenti in grado di interagire negativamente nel percorso scolastico dell’individuo porta nel 2012 al decreto ministeriale 27 dicembre. In esso sono prese in considerazione i soggetti con disturbi d’ansia, ADHD, deficit di coordinazione motoria, disturbo dello spettro autistico lieve e disturbo oppositivo/provocatorio. La certificazione in quest’ultimi casi può anche essere prodotta o partecipata da parte della scuola tramite verbale come previsto dalla CM 8/marzo/2013. Lo svantaggio sociale, culturale ma anche linguistico ed economico è altresì contemplato dalla direttiva 2012 e permette, anche per casi in cui la problematica inclusiva sia temporanea, l’adozione di un piano educativo personalizzato in un’ottica di equità sociale (Ianes, 2016).
Il quadro normativo di riferimento permette di comprendere come sia richiesto all’intelletto ed ai saperi delle figure adulte di riferimento in ambito scolastico di adoperarsi affinché possano essere adottati supporti, pedagogicamente affidabili, in grado di facilitare la crescita - sul piano globale - del soggetto in condizione di bisogno. Va da sé che in tale riflessione possa e forse vada inserito il tema della pedagogia dello yoga per i numerosi vantaggi psico-socio- fisiologici che la ricerca tende sempre più a confermare (D. Magaldi et alia, Our students’ minds matter: integrating mindfulness practices into Special Education Classrooms, Fordham University, dicembre, 2016).

Education policy e yoga

Per un processo di globalizzazione con versi e direzioni di forze in continuo cambiamento, lo yoga è soprattutto sinonimo di benessere in senso lato. Se lo studio della letteratura fondante il pensiero yogico e l’articolata dottrina del sanatana dharma sono da comprendere ed integrare individualmente attraverso un percorso psicofisiologico lento e paziente non si può escludere ormai una visione “utilitaristica” dello yoga in senso educativo senza volerne snaturare la consapevolezza del portato pedagogico della sua dimensione estetico-simbolica. Le numerose pubblicazioni in merito a ricerche condotte sull’applicabilità di meditazione, asana, e pranayama in funzione terapeutica ed educativa meritano di essere tradotte nel contesto scuola, dato che la persona con bisogni educativi speciali ha necessità di trovarsi ad interagire con esperti in grado di facilitare il processo di inclusione sociale al quale la direttiva ministeriale del 2012, in ultima analisi, punta. Detto questo, sebbene spetti alle istituzioni pensare ad una modalità strutturata d’offerta scolastica dello yoga in linea con le direttive ministeriali, piccole e grandi innovazioni possono partire dalla ricerca sul campo e dalla successiva documentazione di buone prassi di operatori yoga e scolastici obiettivi e motivati. Buone prassi condotte con sistematicità agiscono e retroagiscono con l’education policy.

(In)formarsi allo yoga

La persona che opera nei contesti scolastici deve essere in grado di contribuire al processo di inclusione dell’individuo attraverso una formazione personale in ambito yogico che andrà restituita al discente per potenziarne abilità apprenditive e relazionali fondamentali alla sua partecipazione scolastico-sociale. La ricerca che parte dal mondo accademico, dal momento in cui essa viene resa pubblica, rispetta degli standard metodologici che la rendono affidabile e quindi meritevole di non essere relegata ai soli contesti dove si confrontano i ricercatori medesimi. Il passo successivo si trova proprio nel poter rendere applicativo il risultato raggiunto tenendo presente che l’opera di traduzione di tale risultato va operato con spirito critico rispetto all’affidabilità del dato reperito.
Può rivelarsi complesso l’atto di districarsi nel mare magnum dell’offerta reperibile in rete e nelle librerie. Nello specifico dello yoga, in rapporto alla special education, è, come sempre accade, facile notare come digitando con un comune motore di ricerca le parole in oggetto emergano quasi mezzo milione di riferimenti consultabili. È noto come in seno allo yoga secolarizzato ed occidentalizzato, con i comprensibili e storicamente meritati vantaggi pure per il mondo indiano, nascano di continuo scuole di pensiero affiliate ad un più o meno originale lignaggio. Similmente le “intuizioni” di praticanti yoga che diventano maestri e le numerose scuole delle energie dall’eco messianico e rigorosamente, a dir loro, approvate dalla scienza non possono che nuocere all’immagine della ricerca condotta razionalmente e in modo formale. Chi si trova a lavorare con la persona in condizione di bisogno educativo speciale non deve in alcun modo lasciarsi tentare da semplici o irragionevoli soluzioni. Le proposte dei motori di ricerca con le relative scuole yoga vanno sottoposte ad un lucido giudizio. Chi intenda cimentarsi nella raccolta di dati affidabili faccia riferimento ad alcuni punti fermi: ente promotore, curriculum del ricercatore, obiettivi e metodologie utilizzate, conclusioni. Si sappia che senza un meccanismo di doppio referaggio anonimo una pubblicazione scientifica è sospetta e ciò a garanzia della qualità, obiettività e significatività di una proposta. Anche in tali casi i connaturati pregiudizi umani possono esercitare un condizionamento sullo scritto al quale si potrà avere accesso. Quantomeno il rispetto di specifici standard condivisi riduce ai minimi termini la fallacia di approcci fideistici che impediscono un confronto argomentato e quindi ragionevole. Se la pretesa è quella di portare lo yoga nella scuola a partire da saperi riconosciuti, replicabili ed eventualmente falsificabili il bagaglio del formatore yoga deve essere non solo ampio e profondo ma anche e soprattutto critico.

Il formatore yoga e le buone prassi

Chi può porsi, a questo punto, nella condizione di offrire una formazione allo yoga adeguata alla molteplicità dei bisogni educativi speciali? La normativa che riconosce, tra le altre, le professioni che possono essere correlate a quello che dovrebbe essere l’insegnamento dello yoga non indica se e come si debba portare lo yoga nelle scuole. L’incontro tra domanda e offerta parte in questo articolo da considerazioni sulle normative ma ciò non toglie che vada fatta una considerazione sulla riflessione e successiva prassi pedagoga inerente al tema. Un insegnante di yoga competente non è necessariamente anche un operatore scolastico e le competenze osservative attese da una scuola inclusiva dovrebbero permettere di intercettare le istanze implicite dei bisogni educativi speciali. Tali persone, da accogliere come corpi fenomenologicamente intesi ossia configurazioni affettive in relazione abbisognanti cura, vanno supportate proprio a partire dal vissuto corporeo (2). La pratica dello yoga può in questo senso essere una delle possibili metodologie didattiche speciali. L’insegnante esperto in tale ambito sa trasferire nel corpo difficoltà di natura relazionale promuovendo la dicibilità del corpo passando dal canale verbale a quello cinestetico. Il padre della pedagogia del corpo Ivano Gamelli ci invita ad un pensiero che scuote i riferimenti storicizzati della didattica ordinaria invitandoci ad ascoltare una persona, ad esempio, visiva o uditiva per accompagnarla a tradurre sensazioni a livello fisico in un canto, in un’immagine, in uno scritto ed in questa direzione lo yoga, sin dai suoi albori, si è sempre incamminato (Gamelli, 2011). La scuola inclusivamente orientata quindi è libera di documentarsi e individuare sul territorio formatori esperti che possano intervenire sia sui bisogni educativi speciali che, per le logiche già indicate, sui gruppi classe nel loro insieme. Agli esperti il compito ulteriore di informare e formare i docenti all’utilizzo di specifiche pratiche da non relegarsi necessariamente al momento dell’attività di educazione motoria. Alla scuola il compito successivo di documentare le buone prassi e favorirne la comunicazione per interagire anche con le istituzioni deputate alla progettazione educativa diffusa, come intendenze scolastiche, assessorati ed altro.

Conclusioni

Per quel che concerne il quadro normativo italiano esistono condizioni affinché possano crearsi momenti scolastici dedicati alla pratica dello yoga. La linea di tendenza della piena inclusione scolastica vede ogni operatore della scuola come una risorsa funzionale alla crescita della persona che, in contesti competenti, può partecipare alla propria riduzione di asimmetrie tra il proprio essere ed il proprio poter essere. Una scuola in tal senso inclusiva è una relazione permanente di condizioni affettive, riflessioni e volizioni iscritte in corpi che naturalmente chiedono di poter essere la loro creativa dinamicità molto prima di essere disciplinati in una condizione di ricettività delle volte purtroppo ancora eccessivamente passiva: la didattica frontale (Gamelli, 2019). Il soggetto con bisogni educativi speciali può pertanto co-traghettare verso una scuola del benessere che progetti l’inclusione a vantaggio di ogni utente ed in dialogo con un sapere del corpo per antonomasia che è quello dello yoga. Il delicato compito del formatore yoga è in tal senso quello di sapersi proporre in un contesto formativo che normativamente ne riconosce l’autorevolezza senza per questo ingenuamente riferirsi a scuole sapienziali dalla dubbia efficacia per le relative ricadute educative politiche che ne conseguirebbero. 




NOTE

(1) In pedagogia speciale il termine integrazione indica l’insieme delle pratiche atte a favorire la piena partecipazione della persona con disabilità diagnosticamente certificata nel contesto scolastico. L’inclusione è un’evoluzione del termine che intende far partecipare, in una filosofia fondata sull’equità, tutte le espressioni di bisogno educativo oltre l’ombrello della certificazione clinica.


(2) In fenomenologia il corpo è ente vissuto e al contempo corpo inteso come cosa oggettivata. Il corpo vissuto definisce il soggetto a partire dalla propria esperienza corporale.

Riferimenti
D. Ianes e A. Canevaro (a cura di), Orizzonte inclusione, Idee e temi in vent’anni di scuola inclusiva, Erickson, Trento, 2016
ICF-CY Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute - Versione per bambini e adolescent, OMS Organizzazione Mondiale della Sanità, Erickson, Trento, OMS, 2002
D. Magaldi et alia, Our students’ minds matter: integrating Mindfulness practices into Special Education Classrooms, Fordham University, 2016
E. Casagrande, Insegnamento e formazione nello yoga, yogamagazine.it, febbraio, 2020
I. Gamelli, Non solo a parole, Corpo e narrazione nell’educazione e nella cura, Raffaello Cortina ed. Milano, 2019
I. Gamelli, Pedagogia del corpo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2011
F.Tiffany, Yoga Research, Touch Research Institute University of Miami School of Medicine, 2012

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