Disturbo dell'attenzione: lo yoga può aiutare?

dicembre 10, 2019



di Enrico Casagrande


L’ADHD (attention – deficit/hyperactivity disorder) è un disturbo neurobiologico che presenta definite sintomatologie capaci di influenzare negativamente la qualità della vita sia in età evolutiva che in età adulta. La persona con ADHD vede compromessi i propri contesti di vita principali come la scuola in età evolutiva, la famiglia ed il contesto lavorativo. Questa degenerazione avviene se i sintomi del disturbo non sono adeguatamente fronteggiati attraverso un modello multimodale, che integri terapia farmacologica, psicoterapia ed utilizzo di strategie educative centrate sia sulla persona che sui contesti. La ricerca ha messo in rilievo, negli ultimi tempi, come la pratica dello yoga possa essere a sua volta un importante strumento nella gestione dell’ADHD. E' quindi verosimile che nel prossimo futuro l’education policy internazionale possa riflettere se contemplare lo yoga in prospettiva di supporto ai contesti scolastico – familiari, in prospettiva anche di una formazione ad un apparato di strumenti applicabili nel futuro lavorativo della persona. Non da sottovalutare infine il valore del possesso di una simile competenza come ausilio all’insegnante che si possa trovare, indipendentemente da una propria condizione clinica, a favorire i processi formativi tramite competenze nell’autoregolazione della propria dimensione affettiva.


ADHD, sintomi e diffusione

L’ADHD (attention-deficit/hyperactivity disorder) si manifesta come uno stato continuativo di disattenzione con annesse iperattività e tendenza all’impulsività inappropriate all’età alla quale si fa riferimento nel soggetto osservato. L’ADHD accompagna la persona lungo il corso di tutta la sua esistenza fino all’85% (Medical Review Panel 8, 2019) dei casi con possibilità di ulteriore patologia riferita a differenti problematiche tra le quali: ansia, depressione, ridotta autostima, difficoltà apprenditive e Disturbo Oppositivo Provocatorio. I dati epidemiologici internazionali indicano una presenza del disturbo che oscilla tra il 2.2 % nei bambini e negli adolescenti con età inferiore ai 18 anni. Per quanto concerne la popolazione adulta, con età compresa tra i 18 e i 44 anni, si riporta una diffusione dell’ADHD pari al 2.8% (Fayyad J et al, Atten Defic Hyperact Disord. 2017 Mar, 47-65).
La presenza del disturbo crea sovente alterazioni nella funzione genitoriale, dove possono manifestarsi comportamenti coercitivi da parte dell’adulto che possono apportare ulteriori difficoltà nella già fragile struttura affettiva del figlio. La percezione di inadeguatezza generalizzata di quest’ultimo ricade a sua volta sulla famiglia con comportamenti problematici che consolidano negativamente il circolo vizioso instauratosi. Il rapporto del bambino – adolescente con i pari risulta, in tale quadro comportamentale, altrettanto fragile, considerando come le manifestazioni atipiche tendano a mettere la persona nella condizione di poter essere allontanata da gruppi e dagli amici. In età adulta i problemi della persona con ADHD si manifestano con la difficoltà nel mantenere il posto di lavoro, modalità relazionali di tipo promiscuo, difficoltà di pianificazione e utilizzo di sostanze.

Trattamento e contesti educativi in età evolutiva

La pediatria indica nella formazione genitoriale o parent-training l’intervento di partenza prima di procedere ad un eventuale approccio farmacologico nei casi precedenti i 6 anni d’età. Da quel momento in poi è suggerito generalmente intervenire attraverso l’integrazione di terapia comportamentale e farmacologica. Centrale si rivela il compito della scuola che deve possedere personale formato nella gestione dell’ADHD in contesto educativo – didattico. È pertanto necessario provvedere affinché l’alunno – allievo sia posto in un ambiente dove possa interagire con i pari ed i contenuti nel modo più armonico possibile, attraverso attività percepite come interessanti, nel limite delle facoltà didattiche, e utilizzando eventualmente piani didattici personalizzati dove siano presenti strumenti compensativi e contestualmente sia possibile dispensare da alcune tipologie di compito i medesimi(1).
La competenza dell’insegnante nell’interpretare e gestire gli imprevisti dell’agire pedagogico della quotidianità si rivela essenziale nel supportare con successo il percorso relazionale e di apprendimento della persona con ADHD. L’apporto di competenze qui indicato richiede un’education policy che ponga come condizione imprescindibile quella di una formazione dell’insegnante che contempli la sua affidabile abilità nell’autoregolazione affettiva da intendersi come nesso causale di una comunicazione empaticamente affidabile.

Trattamento e contesti in età adulta

Come indicato sopra, la sintomatologia dell’ADHD nell’adulto rende la sua funzionalità relazionale e lavorativa difficoltosa; ne segue che il trattamento della stessa sia centrale nel permettere alla persona di gestirsi efficacemente nei contesti di vita. L’approccio multimodale è quello ad oggi ritenuto più efficace nella gestione della sindrome e si sviluppa lungo le tre direttive del farmaco, della psicoterapia e della psicoeducazione alla presenza concomitante di più disturbi (M. Capolongo, M. Tramontano, State of Mind, il giornale delle scienze psicologiche, dicembre, 2017). Similmente a quanto accade nella sfera familiare è auspicabile che le persone più vicine alla quotidianità dell’adulto con ADHD possano essere adeguatamente informate in merito a tale disturbo con il duplice obiettivo e di fungere da supporto e di essere in grado di gestire le molteplici difficoltà qui messe in evidenza in un’ottica di convivenza che possa presentarsi come affettivamente armonica, considerando in primis le possibili ed infelici ricadute sul piano dello sviluppo globale dei minori eventualmente presenti nel contesto qui considerato. Per quanto concerne il contesto lavorativo va considerato come i comportamenti spesso oppositivi agiti da chi presenta un profilo ADHD portino con se rischi quali la difficoltà a mantenere un’occupazione, conflitti interpersonali, limiti nella carriera, con conseguenti ricadute sul proprio vissuto affettivo e, di nuovo, ripercussioni nella sfera familiare, cosicché l’approccio multimodale succitato diventa essenziale pure nel contesto lavorativo.

Lo yoga nella gestione dell’ADHD

L’obiettivo dello Yoga, escluse le profonde riflessioni sulla natura metafisica dell’uomo, è quello di armonizzare la dimensione fisica e psico – affettiva dell’uomo. Le posture o asana, le tecniche del respiro o pranayama e la meditazione o dhyana sono alcune delle componenti che possono interessare la ricerca nello specifico della gestione dei sintomi dell’ADHD. Un praticante Yoga, indipendentemente dalla tradizione seguita, si produce in una tecnica che lo porta ad uno stato di attenzione, e successivo sviluppo di competenze inibitorie, che lo rendono in grado di gestire le proprie componenti affettive con vantaggio sia sul sé personale sia sui contesti nei quali si trova ad interagire(2). Separando in modo randomizzato un gruppo di ragazzi e fattone partecipare uno a 20 sessioni di yoga ne è emerso come i sintomi da ADHD fossero contenuti se confrontati con il gruppo di controllo (3). Un altro studio si è focalizzato su una specifica forma di meditazione yoga come tecnica per bambini con ADHD in ambito familiare(4). 48 bambini dei quali 31 trattati farmacologicamente, 14 non farmacologicamente e 3 non monitorati hanno seguito un programma di sei settimane con 90 minuti di terapia clinica due volte alla settimana integrando il contributo psicoterapeutico con pratiche meditative svolte nel contesto familiare. Un’intervista ai genitori condotta alla conclusione dello studio ha mostrato una percentuale del 35% di riduzione dei sintomi da ADHD ed un incremento della qualità della vita relazionale in famiglia.
Per quanto concerne adolescenti e adulti, una serie di studi condotti dalla UCLA Mindful Awareness Research Center su 24 adulti ed 8 adolescenti ha dimostrato come la formazione alla pratica meditativa condotta una volta alla settimana, per un totale di 8 settimane, ha potuto incrementare l'abilità di focalizzazione dei praticanti anche di fronte a stimoli distraenti. Sono stati inoltre rilevati miglioramenti sul piano della gestione degli stati d’ansia e nella depressione.  Le tecniche insegnate consistevano nell’essere consapevoli delle modalità personali nel porre attenzione, nel percepire il momento in cui vi è una caduta attentiva ed infine nel riportare l’attenzione al momento presente(5).

Prospettive educative

La ricerca in merito al contributo dello Yoga e della sua componente centrale ovverosia la meditazione, come visto, in modo sin qui indipendente dalle scuole di pensiero alle quale è stato fatto riferimento, rivela interessanti prospettive su una gestione integrata e ragionevolmente economica dell’ADHD. È verosimile che lo Yoga posturale, dove si porta attenzione ad un elevato numero di pose e relativo allineamento del corpo in prospettiva non agonistica, sia più efficace degli esercizi aerobici, perché più ripetitivi. Il fatto che la meditazione conduca ad una graduale presa di coscienza dei propri stati affettivi come pure della propria capacità attentiva porta ad una riduzione dei livelli di ansia nel praticante. In ottica educativa è pertanto auspicabile che la persona coinvolta nell’insegnamento di tali tecniche possegga un bagaglio teorico e formativo accreditato, sapendo riconoscere i disagi direttamente o indirettamente esposti dal discente. L’esercizio yogico – meditativo, come visto nelle ricerche riportate, non può risolversi nel solo dualismo insegnamento – apprendimento collocato nel contesto dedicato a tale momento. L’applicazione del metodo e la costanza nell’utilizzo del medesimo richiedono che accanto al lavoro con l’istruttore vi sia la condizione che la persona con la problematica qui trattata possa essere sufficientemente motivata in direzione del proprio benessere. I contesti educativi come scuola e famiglia hanno un compito centrale in questo senso, dato che l’individuo è in relazione con il contesto dove si trova collocato e non può darsi una condizione di autoeducazione se il contesto non ne presenta le condizioni. Va riflettuto, in prospettiva educativa, sul dato della ricerca, indipendente in questo caso dallo specifico dell’ADHD, che l’esercizio yogico è in grado di contribuire al potenziamento del senso di autoefficacia in modo indipendente dalla condizione nella quale si trova ad essere la persona(6). Il senso di autoefficacia predispone l’individuo, dal punto di vista relazionale, a percepirsi agente, appunto, efficace nel gestire i propri disagi affettivi contenendo l’espressione negativa degli stessi a favore di quella positiva. Diviene evidente che in una persona con ADHD il potersi sentire in grado di essere soggetto attivo delle proprie modalità relazionali favorisce, ulteriormente a tutto l’apparato medico e psicoeducativo spesso già presente nella sua esistenza, l’adattabilità nei contesti qui discussi.

Conclusioni

La persona, intesa in prospettiva bio – psico – sociale, come intende la Classificazione Internazionale del Funzionamento e della Disabilità (ICF) approvata nel 2001, può trovarsi in condizione di difficoltà anche, ma non solo, a causa degli ostacoli che possono frapporsi tra la stessa e il proprio benessere. L’analisi qui svolta mette in rilievo come i contesti di vita dell’individuo con ADHD non facciano in tal senso difetto. Nello specifico del supporto dello yoga e della meditazione sono necessari, come visto, ambienti educativamente propositivi. I trattamenti farmacologico e psicoterapeutico possono essere applicati in setting non necessariamente vincolati ai contesti analizzati. Praticare le tecniche qui trattate in ambienti sfavorevoli, in ottica proprio ICF, significa far trovare la persona di fronte ad ostacoli evidentemente controproducenti. Se il setting familiare può e deve essere aiutato a favorire il contesto ottimale per vivere la pratica nel modo più regolare ed equilibrato possibile è da auspicare che l’education policy del prossimo futuro si interroghi sul vantaggio di introdurre momenti dedicati quantomeno ad una qualche forma di rilassamento consapevole degli allievi – non certamente solo quelli con ADHD – considerate le ricadute sul piano apprenditivo di quest’ultimi ed eventualmente, come già indicato nella presente ricerca, ponga come obiettivo una formazione dell’insegnante capace di fornirgli a sua volta abilità nella propria capacità d’autoregolazione possibilmente attraverso l’utilizzo delle tecniche qui esaminate.

note

1) In base alla Direttiva sui BES emanata dal MIUR il 27/12/2012, anche gli alunni con ADHD hanno diritto a un Piano Didattico Personalizzato (PDP)
2) Kaunhoven R.J., Dorjee D. How does mindfulness modulate self-regulation in pre-adolescent children? An integrative neurocognitive review. Neurosci. Biobehav. Rev. 2017; 74:163–184
3) T. Field, Yoga Research, Touch Research Institute University of Miami School of Medicine, p. 94, 2012

4) Harrison L.J., Manocha R., Rubia K. Sahaja yoga meditation as a family treatment programme for children with ADHD. Clin. Child Psychol. Psychiatry, 479–497, 2004
5) Zylowska L, Ackerman DL et al. Mindfulness meditation training in adults and adolescents with ADHD: a feasibility study, UCLA, CA, 737-46, 11, 2008.

6) I. Dalmann, M. Soder. Yoga, arte di guarigione. Yogaterapia oggi. Concetti pratica, prospettive, 112, 2016

Bibliografia

I. Dalmann, M. Soder. Yoga, arte di guarigione. Yogaterapia oggi. Concetti pratica, prospettive. Ed. Calzetti Mariucci, Torgiano (PG), 2016
M. Capolongo, M. Tramontano, ADHD negli adulti, cosa ne sappiamo oggi? State of Mind, il giornale delle scienze psicologiche, 2017
Zylowska L, Ackerman DL et al. Mindfulness meditation training in adults and adolescents with ADHD: a feasibility study, UCLA, CA, USA, 11, 2008.
ADHD Medical Review Panel, ADHD Statistics, 2019
Field Tiffany, Yoga Research, Touch Research Institute University of Miami School of Medicine, 2012
Fayyad J, Sampson NA, Hwang I, et al. The descriptive epidemiology of DSM-IV Adult ADHD in the World Health Organization World Mental Health Surveys. Atten Defic Hyperact Disord, 2017
Harrison L.J., Manocha R., Rubia K. Sahaja yoga meditation as a family treatment programme for children with attention deficits-hyperactivity disorder. Clin. Child Psychol. Psychiatry, 2004 
ICF-CY Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute - Versione per bambini e adolescent, OMS Organizzazione Mondiale della Sanità, Erickson, Trento, OMS, 2001

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3 commenti

  1. Davvero una bella ricerca, non conoscevo l'applicabilità dello yoga all'ADHD. Tiene corsi specifici l'autore Casagrande?

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  2. Conosco il prof. Casagrande, ha cambiato il clima di classe con delle bellissime tecniche. Grazie e forza profe👍👍

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  3. Molto interessante, lo yoga aiuta a vivere meglio anche a scuola. Grazie

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