Yoga e mito: la posizione del loto, padmasana

maggio 03, 2018



di Maria Sabatini

La posizione del loto è forse la posizione yoga universalmente più conosciuta e rappresentata. L'aspetto che personalmente più apprezzo è il fatto che ben riunisca tutti gli aspetti dello yoga. Lo yoga, secondo l'accezione classica che fa riferimento a Patanjali, si compone di otto "rami" integrati tra loro, ben presenti in padmasana (padma=loto, asana= posizione). Regole di comportamento, posizioni, incanalamento dell'energia e del respiro, ritiro dei sensi, concentrazione, meditazione e abbandono, tali sono i rami dello yoga tradizionale e tutti sono perfettamente integrati in modo evidente in questa posizione. In realtà ciò è vero in tutte le posizioni, ma nel loto è particolarmente evidente in quanto è forse la posizione meditativa per eccellenza, basti pensare alle migliaia di statue il cui protagonista immerso in meditazione, sia egli Buddha, Shiva, Visnù o centinaia di altri soggetti, è rappresentato seduto in questa maniera. Alcune divinità sono inoltre quasi sempre rappresentate sedute su di un fiore di loto come Lakshmi o Ganesh. Ma al contempo è una posizione che richiede fisicamente una certa preparazione, come ben sa chi abbia ancora le anche che non gli consentano di sedersi in questo modo con rilassatezza. Anche il percorso delle norme di comportamento risulta particolarmente evidente in padmasana, è infatti quasi impossibile rimanere immobili per decine di minuti in questa posizione se si segue una vita completamente sregolata. E così via. I poemi tantrici la dipingono come la posizione per eccellenza adatta al pranayama e in ultima analisi una posizione dai molteplici benefici. Per questi motivi viene un po' da ridere quando sentiamo dire che uno stile di yoga sia più tradizionale o spirituale perchè si dedica più alla meditazione e meno alle asana o posizioni. La meditazione è parte delle asana e le asana sono parte della meditazione, così come tutti e otto i rami dello yoga sono imprescindibili gli uni dagli altri e la maggior dedizione a l'uno oppure ad un altro non può che seguire le inclinazioni e le necessità individuali. 
[vedi in merito gli Yoga Sutra di Patanjali già tradotti integralmente da YM.it e l'articolo Lo Yoga Sprirituale, Contraddizioni e Paradossi]

Il fiore del loto è poi un simbolo con motissimi significati in tutto l'oriente e per l'India e lo yoga in particolare. Nell'articolo approfondiremo questi aspetti, basti pensare al fatto che i sette chakra sono rappresentati graficamente come fiori di loto con un differente numero di petali ed un differente colore.



Ma vediamo ora cosa ci raccontano i miti induisti in merito.I miti della creazione e distruzione ciclica del mondo sono molti e raccontati nei Veda e nei Purana in modo piuttosto vario. Nella quasi totalità è Brahma, il creatore a costituire il mondo e Shiva a distruggerlo. La creazione è spesso correlata con il fiore di loto. In molte versioni Brahma si accinge a creare l'universo disteso su di un fiore di loto. In altre, vicine alla tradizione Visnuita, si racconta che Visnu stesse riposando comodamente sulla sua usuale cavalcatura, il serpente Ananta dalle mille teste. Vishnu e Ananta galleggiavano insieme sul mare cosmico delle possibilità, dove tutti gli universi entrano dopo l'annientamento cosmico ad opera di Shiva e quando venne il momento di ricominciare il ciclo della creazione, un grande fiore di loto cominciò a germogliare dal suo ombelico. Dal fiore si rivelarono i quattro volti di Brahma che ne era all'interno. La raffigurazione classica del Dio creatore è con un volto in direzione di ogni punto cardinale. Da ciascuna delle sue quattro bocche, Brahma pronunciò una delle quattro parti del suono sacro OM, o AUMH, come viene pronunciato quando viene cantato senza altre parole o sillabe a seguire: "A", "O", "M" e poi il silenzio. Il suono iniziò ad agitare l'oceano cosmico che rigirandosi su se stesso assunse la forma dell'universo come lo conosciamo oggi.







Il loto è d'altronde collegato con la forza creatrice e con l'elevazione spirituale. La sua vita stessa è un paradigma dello sviluppo interiore: esso nasce nel fango stagnante, si sviluppa nell'acqua e fiorisce staccandosi dall'acqua e protendendosi verso il Sole. Il loto nasce dall'ombelico di Visnù perchè è dall'ombelico che traiamo il nutrimento da nostra madre che ci permetterà di nascere alla vita e di diventare chi dovremo diventare. Il viaggio di questo sacro fiore riflette il viaggio dello yogi. L'uomo è radicato nella terra, assorbito dai cicli infiniti delle nascite regolate dal karma. Lo yogi conosce queste afflizioni, l'ignoranza, o avidya, il grande errore di identificarsi con qualcosa di diverso dalla propria natura divina. Avidya è la principale causa di sofferenza sia per il pensiero di Patanjali espresso negli Yoga Sutra, sia per il Buddismo classico.

Proprio come i semi di loto, possiamo spesso sentirci bloccati nel fango del mondo, alla mercè di avidya e delle altre cause di sofferenza. Quindi, per caso, potremmo ricevere una possibilità. Forse un giorno, come Vishnu sull'oceano delle possibilità, potremmo sentire un inizio che apre il duro seme della pianta di loto. E da lì inizia il viaggio. Da lì ci muoviamo attraverso le deformazioni prospettiche dell'acqua e potremmo raggiungere la luce della saggezza, che sempre splende su di noi, ma che spesso non viene notata.

La promessa dello yoga è che alla fine, attraverso sufficiente nutrimento e determinazione, emergeremo al di sopra dell'acqua e realizzeremo il nostro potenziale. 

"Niente fango, niente loto", "no mud, no lotus", dice un proverbio ed anche la vita di molti saggi rishi dell'antichità inizia ignorando la propria ascendenza divina, che poi affiora in tutta la sua prorompenza. In modo simile anche il Buddha sperimenta la vita mondana per poi giungere all'illuminazione e a quel punto dalle sue impronte nascono fiori di loto. Ulteriore simbolismo. 

Le ginocchia raccolte con i piedi sulle cosce sembrano o rappresentano i petali del fiore di loto prima che si schiuda e similmente i gomiti con le mani poste sulle ginocchia  rappresentano il fiore sbocciato. In questo simbolismo la testa è il centro del fiore, il loto dai mille petali così rappresentato nel chakra   sahasrara posto sulla sommità del capo dal quale si entra in contatto con il samadhì o con l'illuminazione che dir si voglia.

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