Osho e la Scienza dell'Anima di Patanjali: l'alfa e l'omega
ottobre 08, 2025di Marco Sebastiani
Il nostro viaggio alla scoperta di uno dei testi più profondi della spiritualità umana nell'interpretazione di Osho Rajneesh inizia oggi. Nei prossimi dieci articoli, esploreremo gli Yoga Sutra di Patanjali attraverso la lente di ingrandimento di uno dei mistici più controversi e acuti del XX secolo: Osho. Un incontro tra due mondi, tra un saggio antico e un maestro contemporaneo, che interpreta lo yoga come una scienza in una mappa accessibile e rivoluzionaria per l'uomo moderno.
Secondo Osho, quando la mente occidentale si approccia allo Yoga, l'immagine che emerge è quasi sempre legata a complesse posizioni fisiche (asana), a corpi flessuosi e a una ricerca di benessere psicofisico. Questa, tuttavia, nella sua interpretazione è solo la superficie, la corteccia di un albero le cui radici affondano in una conoscenza millenaria della coscienza umana. Si tratterebbe di una visione parziale, che confonde un effetto collaterale – per quanto benefico – con l'obiettivo primario. Per Osho, concentrarsi solo sul corpo è come lucidare la carrozzeria di un'auto senza mai guardare il motore o imparare a guidare. Il seme di questo albero, sempre secondo la sua visione, è un'opera di incredibile densità e precisione scientifica: gli Yoga Sutra di Patanjali.
Patanjali, vissuto circa duemila anni fa, non era un poeta né un filosofo nel senso speculativo del termine. Secondo Osho, egli era prima di tutto uno scienziato. Un empirista dell'anima, un fisico del mondo interiore che ha codificato le leggi della coscienza con la stessa precisione con cui Newton codificò quelle della gravità. Nella sua lettura, i Sutra non sono dogmi religiosi da accettare per fede, ma un vero e proprio manuale di laboratorio. Ogni aforisma è una formula, un esperimento da condurre su se stessi. "Lo yoga è la cessazione delle fluttuazioni della mente", recita uno dei sutra più celebri. Per Osho, questa non è una credenza, è un'ipotesi scientifica da verificare. Osho sottolinea come Patanjali non chieda di credere in Dio o in un aldilà; chiede di osservare il funzionamento della propria mente con la stessa imparzialità con cui un biologo osserverebbe una cellula al microscopio. Non si tratta di credere, ma di vedere. Non di sperare, ma di fare esperienza diretta.
Ed è qui che Osho colloca il proprio intervento. Per lui, Patanjali è "il più grande scienziato dell'interiorità", un Albert Einstein del mondo soggettivo. L'approccio di Osho a questo testo fondamentale non è quello dell'accademico. Le sue parole nascono da una serie di conferenze tenute dal vivo, tra la fine del 1973 e la metà del 1976, nel Buddha Hall del suo ashram a Pune, in India, di fronte a un pubblico internazionale. Questi discorsi, trascritti e raccolti nell'opera monumentale "Yoga: L'Alfa e l'Omega", non si limitano a spiegare i Sutra: li "vivono". Osho li usa come chiavi per scardinare le porte della percezione dell'uomo contemporaneo, un uomo che, secondo il mistico, vive immerso in un'incessante illusione. Come afferma Osho nel primo volume, "viviamo nell'illusione della speranza, del futuro, del domani", costantemente proiettati lontano dall'unico tempo reale: il presente, che diventa un ponte quasi invisibile tra un passato che non esiste più e un futuro che non esiste ancora.
Dal punto di vista di Osho, Patanjali offre una "disciplina", non una dottrina. Una via scientifica per osservare, senza giudizio, come funziona la nostra mente. L'obiettivo ultimo, insiste Osho, non è acquisire poteri sovrannaturali (che pure sono descritti come possibili effetti collaterali del percorso), ma qualcosa di molto più radicale: stabilire il "testimone" (sakshi) nella sua vera natura. Ma cosa significa? Nella spiegazione di Osho, significa coltivare una qualità di pura osservazione, diventare un centro di consapevolezza silenziosa che guarda il traffico dei pensieri, delle emozioni e delle sensazioni fisiche senza esserne travolto. Non si tratta di controllare la mente, ma di dis-identificarsi da essa. È il passaggio cruciale dal sentirsi la nuvola al riconoscersi come il cielo in cui le nuvole appaiono e scompaiono. Questo "testimone", nell'interpretazione di Osho, è la nostra essenza più profonda, un punto di immobilità al centro del ciclone dell'esistenza.
Il percorso che Osho delinea sulla base dei Sutra non è un'astrazione filosofica, ma, nelle sue parole, una vera e propria vivisezione della psiche umana. È un'esplorazione che tocca temi universali, come le cinque cause della sofferenza umana (kleshas): l'ignoranza fondamentale (avidya), l'ego (asmita), l'attaccamento (raga), l'avversione (dvesha) e la paura della morte (abhinivesha). Osho analizza come questi "semi" siano presenti in ognuno di noi, generando incessantemente infelicità. Attraverso il suo stile provocatorio e la sua disarmante chiarezza, Osho guida l'ascoltatore in questo processo di auto-indagine, con l'intento di smascherare quelle che lui definisce le ipocrisie sociali e religiose che ci impediscono di vedere la realtà così com'è.
Questo articolo funge da introduzione a un viaggio più ampio. A partire dai prossimi articoli, e per i dieci appuntamenti successivi, analizzeremo in dettaglio ciascuno dei volumi di "Yoga: L'Alfa e l'Omega". Ogni articolo sarà una tappa nell'interpretazione che Osho dà di questa straordinaria mappa della coscienza, attenendoci fedelmente a quanto da lui espresso in quelle conferenze. Preparatevi a mettere in discussione le vostre certezze, perché, come direbbe Osho, solo nel dubbio e nel coraggio di esplorare può fiorire la vera ricerca.

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