Libri: Gli Yoga Sutra di Patanjali - a cura di Marco Sebastiani

ottobre 23, 2020


di Maria Sabatini 

E' con grande piacere che recensisco oggi il libro di Marco Sebastiani Yoga Sutra: antica spiritualità e moderna pratica, che ho visto prendere forma tra le pagine di questa rivista, ma che ho ritrovato in una versione molto arricchita e trasformata, nella copia cartacea che mi è stata recapitata, pubblicata da PS Editore.

Le domande che mi sono subito posta sono state due: c'era bisogno di un'altra traduzione degli Yoga Sutra? perché pubblicare questo nuovo commento?

Terminata la lettura, la mia risposta a queste domande è stata particolarmente chiara e affermativa. Sono un'appassionata del trattato di Patanjali, perché amo lo yoga e in esso questa disciplina antica viene definita e codificata in modo rigoroso e autorevole. Patanjali è il nume tutelare dello yoga. Quando hai un dubbio su cosa sia lo yoga oppure se si stia uscendo dal seminato, torna a Patanjali, rileggilo e quei dubbi svaniranno.

Yoga Sutra: antica spiritualità e moderna pratica possiede diversi innegabili pregi. Sebastiani si chiede programmaticamente nella prefazione: gli Yoga Sutra arrivano ancora al cuore dei praticanti? Noi possiamo dire che la sua opera è proprio uno sforzo di rendere accessibile e utile Patanjali a chi pratica yoga anche senza essere un esperto di filosofia indiana o di sanscrito. In molti passaggi egli riporta il senso dei sutra alla pratica quotidiana di yoga rendendo molto coinvolgente e godibile il testo ed uscendo dal lavoro esegetico-filosofico che rende altre opere molto ponderose ed elucubrative. Alle volte procede per gradi successivi di digressioni, dal semplice al più complesso. L'autore è un praticante di vecchia data, oltre ad avere un ottimo curriculum nella filosofia delle religioni, e ci riporta costantemente al significato dei sutra per la pratica stessa.

L'opera è poi frutto di una traduzione di prima mano dal sanscrito. Sebastiani condivide con il lettore alcune scelte di traduzione del testo e delle singole parole, aiutandoci a capire come un certo grado di interpretazione sia comunque necessario, ma compiendo un lavoro molto scrupoloso e fedele all'originale significato dei termini. Egli ci segnala anche quei casi in cui la sua versione si allontana da quella più comunemente adottata, quasi scusandosene, e riportando anche questa. Egli ha dalla sua il non partire da una tesi precostituita e di avere quindi l'onestà intellettuale che ne deriva.

Altro innegabile pregio è la chiarezza. Sebastiani non lascia nessun termine in sanscrito, senza immediatamente tradurlo di seguito. In questo modo possiamo costruirci il necessario bagaglio di termini "tecnici", con tutta la calma necessaria, e se una volta non ci ricordiamo cosa sia il dharma o il purusha, ci viene immediatamente ricordato. Sebastiani non usa termini senza definirli e quindi alcune semplificazioni si rendono necessarie e aiutano il lettore a costruirsi un'idea organica del pensiero di Patanjali. Questo è impagabile, perchè altrimenti un rimando bibliografico a quella certa upanishad o a quell'altra determinata opera esegetica, non ci garantirebbero, nell'immediato, la comprensione del testo. Gli esempi che non si muovono in questo senso sono innumerevoli.

Chi ha studiato i rudimenti del sanscrito oppure solamente conosce i caratteri hindi, apprezzerà inoltre la versione originale in questi caratteri, di ciascun sutra, nonché la traslitterazione puntuale nel nostro alfabeto.

Se possiamo muovere una critica a Marco Sebastiani, il testo procede a tratti con alcune semplificazioni che potrebbero non rendere merito alla profondità di concetti molto stratificati nelle scuole filosofiche indiane e nel pensiero induista. Se non si fosse seguita la via della semplificazione, è anche vero che dare per sottointesi i significati più complessi, avrebbe reso il testo oscuro e meno coerente. D'altra parte, una digressione storico-filosofica avrebbe portato a divagazioni forse scarsamente significative per i non filosofi orientalisti e sicuramente per "il moderno praticante di yoga".

Sono un'appassionata, dicevo e quindi ho nella mia libreria diverse versioni italiane dell'opera di Patanjali con cui posso fare un confronto diretto con questa di Marco Sebastiani. Il punto di riferimento, in Italia, credo sia la bellissima edizione critica di Federico Squarcini, professore di Filosofia e Religione dell'India all'Università Ca Foscari di Venezia, edizione molto tecnica e accademica, che non riporta però il testo sanscrito a fronte. Onestamente, pur avendo studiato storia e filosofia delle religioni orientali e non essendo una neofita dell'argomento, devo riconoscere a Sebastiani una maggiore chiarezza espositiva e un italiano più fluido. Alcuni passaggi di Patanjali Yogasutra del professore veneziano, risultano innegabilmente oscuri anche per un saggio universitario di filosofia. A mio modestissimo avviso la versione di Squarcini è poi molto influenzata dai suoi studi sul buddismo e su questo particolare ramo della tradizione indico-tibetana, tanto da influenzare in questo senso anche alcune interpretazioni del testo. Se avete una conoscenza accademica approfondita del buddismo, dell'induismo e delle rispettive filosofie, questo è comunque un testo che vale la pena studiare con l'adeguato corredo bibliografico di opere.

Altre due edizioni, tra le mie preferite, che conosco bene, sono Commento agli Yoga Sutra di B. K. S. Iyengar, il famoso maestro contemporaneo indiano e Patanjali Yoga Sutra di Scarabelli e Vinti. Il lavoro di Sebastiani si allontana da entrambe per un motivo principale. Gli altri autori trasportano nella traduzione e nell'esposizione alcuni commentari antichi, in particolare quelli in sanscrito di Vyasa, Misra e Bhiksu, testi scritti secoli dopo l'opera di Patanjali. Questi testi sono molto interessanti per rivelare quale fosse l'interpretazione dello yoga al tempo in cui furono scritti dai rispettivi autori, ma non sappiamo quanto lo siano invece per l'interpretazione fedele dello yoga ai tempi di Patanjali. Amo questi due libri, ma Sebastiani afferma programmaticamente di non voler aggiungere interpretazioni di altri autori, seppure autorevoli, per cercare di andare al cuore delle parole di Patanjali. A noi è piaciuto questo esperimento che ci sembra riuscito egregiamente, sfrondando l'opera anche da molte sovrastrutture.

Il capitolo che risulta maggiormente innovativo rispetto altre versioni più note è sicuramente il Terzo Libro, sui doni dello yoga. Sebastiani compie un salto interpretativo per cui questi doni non sono più intesi come superpoteri, come la levitazione, la possessione o l'invisibilità, ma qualità molto più connaturate alla pratica dello yoga che tutti noi conosciamo. E ancora, questi non sono raggiunti mediante la meditazione su qualcosa, ma incentrando la propria pratica su di una caratteristica. 

Il famoso 24° sutra del terzo libro: 

"Meditando sulla forza dell'elefante la si può assimilare" (traduzione più ricorrente, Scarabelli e Vinti, Mimesis, 1992 ed altri).

oppure 

"Infatti quando la capacità correlativa si volge alle forze, fa scorgere l'effettivo statuto delle possanze, a cominciare da quella dell'elefante e altre ancora" (Squarcini, Einaudi, 2015)

Viene tradotto da Sebastiani: "Incentrando la pratica sulla forza si diviene forti come un elefante" (Sebastiani,PS,2020).

Pensando che il testo sanscrito recita: balesu-hasti-bala-adini, ovvero: "sulle forze, l'elefante, la forza, altre", ci sentiamo di poter dire che l'autore non ha fatto interpretazioni personali, non ha forviato il testo originale, anzi, è molto fedele, ci regala la traduzione più vivida per la nostra pratica e, onestamente, in un italiano più apprezzabile. Esercitando la forza si diviene più forti, mentalmente, fisicamente e spiritualmente, ci sembra un concetto ineccepibile.

Concludendo, Gli Yoga Sutra di Patanjali: antica spiritualità e moderna pratica regalano al lettore una traduzione ed un commento molto attuali e godibili, realmente utile per tutti i praticanti di yoga pur con un lavoro di traduzione rigoroso e fedele all'originale. Non ci stupiremo se diventasse nei prossimi anni un classico per i praticanti italiani.




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