Shiva Sutra: meraviglia e gioia della pratica [SSV1.12-18]

dicembre 14, 2018




di Marco Sebastiani

Non passa singolo giorno durante il quale un esperto non voglia spiegare al mondo cosa sia il "vero yoga" e in cosa consista lo "yoga tradizionale". I risultati sono generalmente molto arbitrari. La tradizione strutturata più antica a cui abbiamo accesso risale a circa 2500 anni fa e raccoglie a sua volta insegnamenti sedimentati nei secoli precedenti. Il mito dice addirittura che Patanjali, l'autore dei sutra più antichi, fu inviato sulla terra come manifestazione di Visnù, proprio per porre ordine tra le diverse scuole, già fiorenti nel 500 A.C. Da allora, con fortune alterne, le scuole di yoga indiane si sono ulteriormente moltiplicate, affondando i piedi nella tradizione, ma molto spesso anche legandosi alla personalità dei maestri più influenti. Il risultato è che non esiste una tradizione yoga, ne esistono mille. Generalmente lo yoga moderno si fa risalire alla tradizione medievale tantrica kashmira, modello corretto, ma arbitrario. Anche regionalmente, in un territorio che è di fatto un continente, ci sono tratti peculiari caratteristici. Alcuni testi sanscriti sono ad esempio scritti con i caratteri kannada in karnataka o malayam in kerala, a testimonianza di una tradizione locale molto fiorente. Lo yoga osservabile oggi in queste regioni, ma anche in molte altre, ha infatti dei tratti estremamente caratteristici. La varietà è anche data dal ruolo del maestro sotto la cui guida si svolge la pratica. Se sia una figura religiosa, ovvero un bramano, un sacerdote induista oppure un sadhu,  un monaco rinunciatario, oppure se si tratti di uno yogin non appartenente a una di queste categorie. Di bramani e sadhu ne esistono tantissimi ordini, ognuno dei quali ha un proprio rapporto specifico con lo yoga.
Parlare di una tradizione "vera" e "unica" appare insomma anacronistico.
Pochi giorni fa un "grande maestro tradizionalista" romano si scagliava contro lo yoga su Instagram citando l'Hata Yoga Pradipika, quando Svatmarama afferma che l'arte dello yoga va tenuta riservata e praticata appartati. Al nostro guru da tastiera sfuggiva però che l'autore della Pradipika era fermamente contrario al fatto che lo yoga fosse insegnato alle persone comuni. Andava tenuto come arte segreta, rivelata ai soli iniziati, legati ad un culto esoterico. Per questa scuola tradizionale siamo tutti eretici da biasimare, per il fatto di non essere stati iniziati da un guru del lignaggio giusto e di leggere e forse cercare di mettere in pratica il testo citato. Portare al proprio arco questo testo, contro lo yoga su Instagram è semplicemente ridicolo. Mi piacerebbe che ogni persona, che esprime un opinione personale, se ne assumesse la responsabilità, senza attribuirla ad un presunto testo tradizionale. Le motivazioni tra l'altro, nel caso di Instagram, non credo che manchino. Servirebbe meno giudizio e più dibattito. O forse solamente meno voglia di giudicare da un piedistallo.

Venendo a noi, il vero contatto che possiamo avere con lo yoga degli albori è, secondo me, grazie alla lettura dei testi originari. Questi testi possono darci l'idea delle diverse scuole e di come ci siano grandi differenze anche all'interno della medesima scuola. Poi, ogni praticante, avrà la sua esperienza. Lo yoga, tra i pochi tratti identificativi comuni tra tutte le tradizioni, ha la caratteristica di essere un'esperienza squisitamente  personale e individuale, a cui ognuno darà il proprio senso. Quando parliamo di anima, di spirito, di integrazione tra la mente ed il corpo, ciascuna persona si formerà una propria idea, ma siamo molto lontani da concetti granitici ed univoci. Ciascun praticante, qualora interessato, troverà la propria tradizione leggendo i testi e traendone i propri insegnamenti.

Nei primi undici sutra Vasugupta ha delineato la via dello yoga, nei prossimi, che andremo ad analizzare, ci parla del contatto con un'energia cosmica. La differenza con l'Hata Yoga Pradipika è profonda, qui il significato è molto elevato ed anche molto poetico. Non siamo di fronte ad un manuale che spiega le posizioni da assumere o come eseguire gli esercizi di respirazione, ma abbiamo difronte un testo fortemente evocativo e pregno di significati.

Gli Shiva Sutra evocano ora le forze cosmiche con le quali si entra in contatto sulla via dello yoga, la via dello spirito, l'unica conoscenza degna di questo nome. L'energia, gestita nella pratica, regala la percezione dello spirito. La pratica consiste per l'autore proprio nel far risalire l'energia lungo i canali che la trasportano, attraverso i plessi o ruote energetiche, i chakra. La domanda se questa energia o se i chakra siano tangibili e materiali o unicamente spirituali, è mal posta. Allo stesso modo non condividiamo la ricerca dei fisiologi moderni di una sovrapposizione tra questo modello ayurvedico e le conoscenze della medicina occidentale. Corpo fisico, energia, mente, coscienza e spirito sono permeati, sono di fatto un'unica entità scomponibile, ma integrata. Fermarsi a solo uno o due di questi aspetti travisa la ricerca tradizionale indiana alla base dello yoga, alla base dello yoga degli Shiva Sutra, almeno per quanto abbiamo capito dall'analisi di questo testo tantrico.



vismayo yoga-bhumikah |1.12|
SSV1.12: La meraviglia è il luogo dello yoga

[oppure: Un senso di meraviglia accompagna i vari stati di realizzazione nell'unificazione dello yoga]

In quasi nessun sutra riportiamo versioni alternative della traduzione, si è fatta un'eccezione per questo verso, carico di bellezza e significato. Non sono in realtà traduzioni alternative dipendenti da scuole differenti, ma, la prima versione lascia intatto il valore poetico, a discapito della chiarezza, la seconda sposa invece una maggiore chiarezza di quanto dice il testo, rimanendo leggermente meno letterale. Sono un po' le due anime che portiamo avanti nel lavoro e che cerchiamo di integrare in tutti gli Shiva Sutra.
Il significato è qui evidente: la via che porta al ricongiungimento tra spirito individuale e spirito assoluto, la scoperta al proprio interno di un soffio universale, procede per gradi, magnifici ed affascinanti, gradini meravigliosi,  vismaya, di meraviglia, di stupore dice il testo. I gradini dell'elevazione dell'energia attraverso i chakra.


I commentari antichi redatti da Ksemaraja e Kulajukti affermano che la beatitudine e la meraviglia colpiscono sia all'inizio del percorso, la persona in contatto con la percezione di qualcosa fuori dell'ordinario, dal fluire dell'energia nei primi chakra, così come colpiscono il grande yogi che nota l'espansione dei sensi interni, dell'energia e infine dello spirito con il ricongiungimento del samadhi.

La stessa idea è stata espressa anche in questo versetto della famosa opera tantrica Spandakarika:
"Come può esserci l'infelice esistenza per colui che osserva il proprio Sé come il potere che presiede su tutte le cose e dimora nella coscienza piena di piacevoli sorprese. " 
Anche in questo caso abbiamo fatto un'eccezione per questo solo sutra. Non riporteremo i commentari antichi, seppure ne terremo conto perchè indispensabili alla comprensione dell'opera, o le analogie negli altri testi tantrici, per non appesantire la traduzione del testo, che ci auguriamo sia invece di immediata comprensione per tutti i praticanti di yoga.
 
Dovremo ricorrere a tutta la nostra capacità di meravigliarci e di stupirci anche per affrontare la lettura dei prossimi sutra.

iccha saktir-uma kumari |1.13|
SSV1.13: La volontà del praticante, che è in comunione con lo spirito, è
rilucente come Kumari, la luce di Shiva.

Yoga significa "unione" e coloro che sono yogi "realizzati" hanno raggiunto l'unione con il loro vero Sé, con lo spirito, cioè con l'energia che tutto pervade. Questa unione, collega questi spiriti con Kumari, l'energia rilucente, femminile, di Shiva, simile alla shakti, questa è la forza creatrice e distruttrice dell'universo, ma anche forza che lo sostiene. Capiamo che per i testi tantrici, Shiva e la divinità acquisiscano il significato di Essere Supremo che comprende i poteri di creazione, distruzione e rigenerazione, ma vadano anche ben oltre.
Questa unione può avere varie sfumature, ma non entreremo nei mille rivoli che comportano, la comunione con lo spirito è di fatto l'essenza del non-dualismo tantrico kashmiro, e il testo ci aiuterà a capire.
Kumari rimanda anche ad un significato di vergine, e talune scuole interpretano il senso di questo sutra come il fatto che lo spirito del praticante grazie alla sua devozione si unisca con Shiva. Al di là delle immagini figurate alla quali si vuole ricorrere e che si vuole ricostruire, il senso è comunque sempre lo stesso, un'unione del proprio spirito con quello universale.
Infine, potremmo parlare della superiorità della volontà qui nominata, motore dei comportamenti volitivi soggetto della comunione con lo spirito, sulla cognizione, ovvero il processo di acquisizione di conoscenze e comprensione attraverso il pensiero, i sensi e l'esperienza, ma il discorso diverrebbe invariabilmente troppo accademico. Ci limiteremo a ribadire come si ritenga superiore l'intuizione alla comprensione speculativa.

drsyam sariram |1.14|
SSV1.14: Il mondo oggettivo è un'espansione del corpo fisico.

Questo sutra ha un aspetto divertente. Le due parole che lo compongono possono essere invertite come soggetto ed oggetto ed il significato si arricchisce invece di stravolgersi. Secondo chi scrive questo è voluto ed è un espediente stilistico. Letteralmente: tutti i fenomeni [sono] il corpo. Ovvero,  qualunque cosa sia percepibile, sia internamente che esternamente, appare al praticante come un'espansione del suo corpo. Oppure: il corpo [è] tutti i fenomeni. Tutto ciò che è esterno al corpo può essere ad esso ricondotto perchè il corpo è il mezzzo della percezione.
Al di la del gioco stilistico, questo è un punto fondamentale del tantrismo, l'identità del microcosmo, il praticante, con il macrocosmo, l'universo. Questi due soggetti sono corrispondenti e formati nella parte più tangibile da un corpo fisico oggettivo. Anzi, non sono due soggetti, ma uno solo e si partecipano a vicenda, o, per dirla con parole più semplici fanno parte dello stesso insieme. I tantrika vanno oltre la domanda se il mondo esista perchè percepito dall'individuo, o esista di per sè, affermando che individuo e mondo partecipano di uno stesso corpo. Siamo una goccia nell'universo e al contempo l'universo in una goccia, per scomodare il filosofo persiano Rumi [cit.: Tu non sei una goccia nell'universo, ma l'universo in una goccia]
Identificare il corpo fisico con la personalità che lo abita è un errore come identificare il mondo della materia con lo spirito che lo pervade. Questi quattro soggetti sono in realtà uno ed hanno in comune la parte tangibile. Lo spirito individuale è una particella dello spirito assoluto, ma grazie al ricongiungimento l'unità viene ricostituita meravigliosamente. Ci fermiamo qui, per non farci prendere la mano in divagazioni filosofiche e poetiche.


hrdaye citta-samghattad drsya-svapa-darsanam  |1.15|
SSV1.15: quando la mente è unita con lo spirito sorge la consapevolezza del tutto

Il senso di questo sutra, così tradotto, mi sembra compiuto e accessibile. Se vi soddisfa questa traduzione, passate al capoverso successivo, noi illustreremo brevemente da dove nasce questa interpretazione, perchè praticamente ogni scuola filosofica ha invece una sua definizione dei due elementi dell'unione e di cosa accada da questa unione.
[ Noi Abbiamo tradotto citta con "mente", come fatto anche nei sutra di Patanjali, perchè "mente", oltre ad essere comunque corretto, è un termine di significato comune ed immediato (al contrario della traduzione che propone "coscienza", che poi andrebbe nuovamente definita come l'unione dell'Io, della mente e dell'intelletto, ma sappiamo esattamente cosa differenzia mente e intelletto? etc. etc.). Citta samghattad significa quindi per noi unione della mente, con che cosa? con hrdaya. Anche per questo termine infinite sono le sfumature. Taluni traducono con "cuore", che, seppure corretto, è fuorviante, perchè il cuore non è qui inteso come l'organo della circolazione sanguigna, e nemmeno con il significato che noi occidentali gli attribuiamo metaforicamente, legato ai sentimenti. Nell'India antica, anche nel Rig Veda compare con questo senso, il cuore era un simbolo di ciò che non può essere visto con gli occhi.  Ciò che non può essere visto, ciò che non è materiale, nel nostro immaginario più immediato e colloquiale è spiritus, come per i latini, e abbiamo quindi tradotto spirito. E cosa succede da questa unione? i fenomeni visibili, drsya, e i fenomeni invisibili, svapasya, appaiono, che traduce il termine darsana. Perdonatemi la pedante traduzione parola per parola, ma alle volte è come se dovessi liberarmi la coscienza delle scelte fatte, necessariamente arbitrarie, condividendone la buona fede con i miei pazienti compagni di lettura. ]

Unire la mente con lo spirito è un modo diverso e molto bello di dire quanto affermato da Patanjali, cioè che acquietando la mente, calmando le sue oscillazioni, si acquisisce consapevolezza dello spirito. Vasugupta dice che bisogna unire la mente con lo spirito individuale, in realtà qui non proprio l'atman (spirito individuale) propriamente detto, ma la sua percezione.  Il mezzo per compiere questa unione è sempre lo yoga. La consapevolezza del tutto appare come una condizione subito precedente all'illuminazione, al ricongiungimento o samadhi condizione alla quale arriveremo in breve, nel diciottesimo sutra.
Quando la mente è unita con la percezione dello spirito individuale, si acquieta e prendiamo consapevolezza dello spirito universale, che è il tutto in quanto tutto pervade. Il discorso ruota sempre qui intorno.


suddha attva-samdhanadva pasu-saktih  |16|

SSV1.16: Grazie alla costante consapevolezza del Principio Assoluto, Shiva, scompare per lo yogi il potere vincolante del sé limitato



vitarka atma-jnanam |17|
SSV1.17: la consapevolezza di sè nasce dall'insorgere dello spirito individuale

lokanandah samadhi-sukham |18|
SSV1.18: La gioia che lo yogi sente dimorare nel mondo,
è la sua gioia per il ricongiungimento con lo spirito universale,  samadhi.




La scoperta dello spirito assoluto, fa cadere i limiti dell'identificarsi con il sè, fa capire che è la forza motrice dell'universo ciò con cui bisogna identificarsi.

L'Atman è quella qualità assoluta che è la verità; è quel Sé Interiore che è incondizionato e assoluto.  Atman e Brahman sono essenzialmente la stessa cosa. Loro sono lo spirito di Coscienza Universale che esiste in ogni atomo. 

Il sutra 18 è di una rara bellezza e indica anche una via precisa. Lo yogi è in grado di vedere la stupefacente bellezza del mondo dello spirito, questo gli da accesso ad una gioia illimitata. Seppure, come detto all'inizio, il processo proceda per gradi, difficilmente chi pratica yoga non ha mai sentito questa gioia nel petto. Almeno ce lo auguriamo e questo, da solo, potrebbe essere il senso dello yoga, almeno secondo gli Shiva Sutra.



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