Vinyasa Yoga: 4 aspetti fondamentali poco conosciuti

febbraio 28, 2018


Vinyasa è un termine sanscrito che viene usato spesso in relazione ad alcuni stili di yoga. Come quasi tutte le parole sanscrite, può avere molti significati. Nel nostro contesto si riferisce ad una particolare tecnica che lega il movimento del corpo al respiro ed anche il concatenarsi di varie posizioni secondo una sequenza più o meno prestabilita. Nel senso comune,  in maniera forse impropria, il termine vinyasa viene usato per definire uno stile di yoga, caratterizzato dalla dinamicità e dall'impegno fisico, per questo simile all'Ashtanga yoga, ma senza una sequenza prefissata sempre uguale. L'enorme successo di questo stile, a dire il vero molto legato alle capacità dell'insegnante, ha anche creato alcune false credenze. 

1.Non è solo un esercizio fisico


Il Vinyasa yoga è caratterizzato da una serie di posizioni, come dice la parola stessa (Nyasa: muoversi, Vi: in modo particolare), ma spesso si pensa a questo stile come lo yoga che fa sudare o come una pratica tipicamente fisica ed è questo aspetto che avvicina molte persone.
Per avere una summa delle false credenze, basti ricordare cosa scrive WikiHow:  

"If your goal is to burn fat and lose weight, you might want to find a fast-paced vinyasa or ashtanga class. If your goals are meditation and mindfulness, you may want to find a Hatha yoga class." 

(se il tuo obiettivo è bruciare grassi o perdere peso potresti essere interessato ad un vinyasa veloce o ad una classe di ashtanga yoga. Se i tuoi obiettivi sono la meditazione e la consapevolezza, dovresti cercare una classe di Hata yoga.)

Il Vinyasa yoga è però ben altro, è una pratica molto sottile, stupenda e introspettiva di cui l'esercizio fisico è sicuramente tra i benefici collaterali. Lo yoga può essere vissuto secondo ciò che si cerca, ma i suoi risultati più stupefacenti riguardano la conoscenza di se stessi e l'unione del corpo, della mente e dello spirito. Questo aspetto non è però scollegato dal fatto che l'esecuzione delle asana doni "fermezza, salute e leggerezza al  corpo" (B. K. S. Iyengar  Teoria e pratica dello yoga, p.38 ).

La schematizzazione di Wiki How ci fa un po' accapponare la pelle, il vinyasa o l'ashtanga come una pratica fisica di fitness per dimagrire è veramente una forzatura eccessiva e speriamo che in nessuna classe di questo tipo, la pratica sia proposta in un tale modo.


2. Tradizione e ancora tradizione 

Colui che può essere chiamato il fondatore del Vinyasa yoga, ma forse di ogni stile moderno di yoga, è senza dubbio  Trimulai Krishnamacharya. Egli defininì e tramandò in partia e in occidente, attraverso i suoi illustri discepoli, il concetto stesso di vinyasa. Basti ricordare che tra i suoi allievi si annoverano Pattabhi Jois, B. K. S. Iyengar,  Indra Devi, T.K.V. Desikachar e molti altri.
Il suo insegnamento è giunto fino a noi anche grazie ad un suo testo che è stato miracolosamente recuperato; originariamente scritto in lingua kannada, la lingua della regione del Karnataka di cui era nativo l'autore, è stato tradotto in Inglese e poi in italiano con il titolo "Il nettare dello Yoga". Krishnamacharya spiega come le basi del suo metodo siano le scritture classiche della sua cultura, dagli Yoga Sutra di Patanjali ai Veda induisti e come tutti i molteplici aspetti dello yoga, pratica delle posizioni, esercizi di respirazione, stile di vita pubblico e privato, meditazione, eccetera, siano intimamente correlati tra loro.
Esiste poi una nota di colore, un testo entrato nella leggenda, il famigerato Yoga Korunta del Rishi Vamana, che  Krishnamacharya sembrerebbe avesse trovato negli anni '20 in una biblioteca di Calcutta e che avesse tradotto poi insieme a Pattabhi Jois.  Di questo testo originale oggi non esiste più alcuna testimonianza, ma sembrerebbe che fosse la base di conoscenza per il maestro hymalaiano di Krishnamacharya, ovvero Ramamohan Brahmachari, e che buona parte della teoria del vinyasa krama ovvero della progressione tra una posizione e l'altra attraverso il respiro, fosse enunciata in questo manoscritto.
Tutto questo per evidenziare come il vinyasa yoga sia uno yoga strettamente tradizionale, che affonda le sue origini nei testi antichi indiani.

3.Meditazione in movimento

La meditazione può essere spiegata e interpretata in vari modi. Classicamente nello yoga viene intesa come il passaggio da uno stato di ritiro dei sensi, verso una condizione mentale di concentrazione per poi giungere alla vera e propria meditazione in cui scompaiono le oscillazioni della mente. Il testo che è alla base di ogni pratica e del vinyasa in particolare, ovvero gli yoga sutra di Patanjali, così inizia:

"YSI:1-2 Ora tratterò la disciplina dello Yoga.
Lo Yoga consiste nella cessazione delle fluttuazioni della mente."

Il vinyasa focalizza la mente in modo particolarmente efficace, per poi giungere al superamento della concentrazione stessa. E' una meditazione in movimento. Non dobbiamo pensare che la meditazione sia necessariamente in una posizione immobile, a gambe incrociate, moltissime sono le tradizioni che raccomandano tipologie di meditazione attraverso il movimento.

Le componenti chiave del vinyasa sono molteplici, in questa sede ricorderemo le principali.  Nel vinyasa yoga, la respirazione avviene attraverso il naso, in particolare si esegue spesso una respirazione chiamata ujjayi (respiro vittorioso), che rallenta volutamente il ciclo di inspirazione e espirazione. Ogni movimento viene coordinato e sincronizzato con la respirazione. Inizialmente non è facile, ma è fondamentale. La focalizzazione sul respiro o tipologie particolari di respiro,  è un tratto caratteristico di ogni meditazione. Ricorderemo poi l'esecuzione dei mudra o dei bandha, ovvero particolari posture o contrazioni per indirizzare l'energia interna ed il suo fluire in modo specifico. Questo è un aspetto forse più sottile, ma l'incanalamento dell'energia interna è in genere peculiare di ogni meditazione. Un'altro aspetto tipico del vinyasa è poi il drishti con cui si mantiene lo sguardo e la focalizzazione su di un punto durante le asana. Infine ricorderemo l'esecuzione delle asana e la loro armoniosa concatenazione le une con le altre, tale da realizzare con il corpo l'espressione del respriro stesso, inspirazione ed espirazione, alto e basso, contrazione e rilassatezza, movimento ed immobilità etc. etc.
C'è una fortissima componente meditativa nella pratica del vinyasa.

4. La distinzione tra Vinyasa, Hata, Ashtanga, Raja yoga etc. è una forzatura

Partiamo dal presupposto che ogni istruttore di yoga pratichi uno stile, o più stili  integrati tra loro, fortemente personalizzati, che rimandano probabilmente ai suoi insegnanti ed alla sua esperienza.

La distinzione che viene comunemente fatta per le lezioni di Yoga serve unicamente ad indicare ai partecipanti cosa si potranno aspettare ed è sicuramente utile per orientare  le persone, ma in realtà è solamente uno schema artificioso. Anche la terminologia è del tutto arbitraria. Basti pensare che Yoga significa unione e che il termine Ashtanga rappresenta tutti gli aspetti che devono essere congiuntamente presenti nella pratica, ben lontano dalla connotazione di pratica pesante di fitness con cui spesso si caratterizza. D'accordo, quando arriviamo in un centro yoga, leggere la dicitura con cui viene caratterizzata la lezione può essere utile ad orientarci, ma sappiamo che sotto il nome di vinyasa yoga vengono proposte cose molto differenti, come è giusto che sia, influenzate dal particolare percorso dell'insegnante ed è questo che rende unica ed irripetibile ogni pratica.

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