Osho: il vero significato degli Yoga Sutra di Patanjali

aprile 03, 2017

Osho è dipinto nell'immaginario collettivo occidentale come un mistico e ricordato come capo spirituale di un movimento ascetico. Non bisogna però dimenticare che fu un erudito di tutto rispetto, nonchè  professore universitario di filosofia, e che tutto il suo lavoro è permeato di una grande coerenza logica e di notevole luicidità. Che ci piaccia o meno il suo personale sistema filosofico, il messaggio che diffuse in molteplici pubblicazioni e innumerevoli conferenze o il fondamento delle comuni delle quali fu alla guida, dobbiamo comunque riconoscergli una straordinaria capacità di analisi e di sintesi tra i sistemi di credenze occidentali e quelli indiani. Questa qualità è la causa del suo successo.  Osho introduce gli Yoga Sutra di Patanjali restituendo, a giudizio di chi scrive, una modernità e una freschezza che pochi commentatori sono riusciti a trasmettere. L'articolo che segue non rende giustizia dello splendido lavoro del filosofo indiano sui sutra di Pantanjali, Yoga: the Alpha and the Omega, in 10 volumi, pubblicato solamente in parte da Mondadori. Nelle sue parole Osho è Patanjali. Lucidità filosofica, sublime capacità oratoria, intelligenza straordinaria ed empatia fuori dal comune, rendono le parole di Osho su Patanjali un prezioso lascito.

estratto da Yoga, l'energia che Trasforma
e Yoga: The alpha and the Omega

di Osho Rajneesh

Patanjali non è un filosofo, un teorico con la testa tra le nuvole: come me, è un uomo con i piedi per terra, che bada al sodo. Il suo approccio scientifico è ciò che lo rende assolutamente diverso dagli altri; gli altri pensano alla verità, lui no: ti prepara semplicemente a riceverla, ad accoglierla. La verità non può essere pensata, ma solo ricevuta. Esiste già ed è impossibile farne oggetto di riflessione; più ci pensi e più te ne allontani. Pensare vuol dire vagabondare, gironzolare con la testa per aria: non appena pensi, ti sei già allontanato. La verità va vista, non pensata. Lo scopo fondamentale di Patanjali è creare quello sguardo, la limpidezza che possa vederla. Naturalmente ci sarà da lavorare duro: non è tutta poesia e sogni a occhi aperti. Un uomo deve trasformarsi in un laboratorio, deve tramutare la sua intera esistenza in un'officina vivente, in un esperimento: solo così si può realizzare la verità. Dunque, mentre ascolti i sutra di Patanjali, non dimenticare mai che non ti sta passando delle teorie, ma ti sta offrendo una metodologia in grado di trasformarti. E questo dipende da te.


Esistono quattro tipi di persone che provano interesse verso la religione. Il primo, la maggioranza, è semplicemente "curioso": sta cercando qualcosa di interessante, affascinante, intrigante, bizzarro. Patanjali non è per costoro, perché la curiosità di una persona non è mai così profonda da spingerla a trasformare la propria vita. Al massimo, questa persona cerca una sensazione: Patanjali non è per gente simile. Il secondo tipo è quello che chiamiamo lo "studente". Costui prova un interesse intellettuale, vuole sapere cosa dice e pensa un uomo come Patanjali, ma solo per accrescere il proprio sapere. Allo studente non interessa la conoscenza, ma il sapere; gli piace accumulare informazioni. Non è pronto a cambiare se stesso: anzi, vuole restare così come è, ma aumentando il proprio sapere. Questo è un trip dell'ego e Patanjali non fa neppure per lui. Il terzo tipo è il "discepolo": una persona disposta a disciplinare la propria vita e a trasformare il proprio essere attraverso esperimenti. Il discepolo è coraggioso quanto basta per lanciarsi in questa avventura interiore, che è la più grande e audace che esista, perché nessuno sa dove porti. È un calarsi negli abissi, un muoversi nell'ignoto, lungo sentieri inesplorati. Lo Yoga è per il discepolo: costui sarà in grado di entrare in sintonia con Patanjali. Ma esiste anche un quarto tipo, quello che io chiamo il "devoto". Il discepolo è disposto a trasformare se stesso, ma non è ancora pronto a sacrificare se stesso. Il devoto, sì. Il discepolo percorrerà moltissima strada con Patanjali, ma non sino alla fine... A meno che non si trasformi anche in un devoto, che non comprenda come la trasformazione di cui parla la religione non è un mero ritocco... Non si tratta di ritoccarti qui e là, imbellettandoti, migliorandoti sempre di più: è una vera e propria morte, occorre sacrificarsi totalmente. La discontinuità con il passato è completa. Quando il discepolo è pronto — non solo a trasformare se stesso, ma a morire —, diventa un devoto. E il discepolo può spingersi molto lontano, fino a sbocciare, un giorno o l'altro, in un devoto. Solo allora comprenderà Patanjali nella sua interezza, con tutto il suo splendore e la sua magnificenza; solo così si rende conto di quale porta sorprendente Patanjali schiuda sull'ignoto. La maggior parte della gente, però, è solo curiosa... E poi scrive libri su Patanjali. Innumerevoli "studenti" hanno scritto ponderosi volumi di pura erudizione, arrecando un danno immenso. Hanno interpretato e reinterpretato Patanjali per cinquemila anni; non solo: esistono anche le interpretazioni delle interpretazioni delle interpretazioni. Siamo ormai alla giungla ed è diventato arduo anche solo trovare il vero Patanjali. In India, questa sventura ha colpito chiunque abbia arricchito di una qualsiasi verità la consapevolezza umana. La gente non ha fatto che interpretare, creando nubi anziché chiarezza, perché nessuno di costoro era un discepolo. Ma anche se lo fossero stati, non erano nello stato mentale giusto per poter interpretare correttamente. Solo un devoto potrebbe farlo... Ma è raro che ai devoti interessi scrivere. Per questo ho scelto di parlare di Patanjali. E' un uomo che ha bisogno di grande attenzione perchè sono rarissimi coloroche possono essere accostati a lui, al suo atteggiamento scientifico.

Patanjali ha fatto della religione praticamente una scienza, privandola di ogni mistificazione... Anche se poi le interpretazioni hanno cercato di riportare questi sutra nel mondo delle mistificazioni, cosa fatta per proteggere interessi consolidati. Se Patanjali tornasse e vedesse le interpretazioni fiorite sui suoi sutra, stenterebbe a crederci. E le parole sono una cosa molto pericolosa: è facilissimo giocarci. Sono come le prostitute: si possono usare, ma non puoi fidartene. Inoltre, cambiano significato a ogni interprete: è sufficiente spostare una virgola, alterare un piccolo dettaglio. Il sanscrito, poi, è una lingua estremamente poetica: ogni parola ha più di un significato, quindi non ci vuole nulla a mistificare un concetto.
Le parole sono delle prostitute, te le puoi giostrare all'infinito. Io non sono un interprete, mi prendo la responsabilità di tutto ciò che dico; non mi appoggio sull'autorità di Patanjali. Se mi metto a parlare di lui, è perché le mie e le sue esperienze coincidono. Non sto cercando di dimostrare l'autorevolezza di Patanjali; come potrei? Non mi interessa certificare che Patanjali ha ragione; posso invece dire qualcosa su me stesso. E cosa? Che ho fatto la medesima esperienza. Patanjali l'ha messa in un linguaggio bellissimo, difficile da migliorare per quanto riguarda la spiegazione e l'espressione scientifiche. Ricordalo. Se mai tornasse, non crederebbe ai suoi occhi...


L'intero sforzo dello yoga è conseguire ciò che non può essere ridotto a un oggetto, che resta irriducibile, ciò che può essere unicamente la tua soggettività. Non lo puoi vedere perchè è colui che vede; non lo puoi afferrare perchè tutto ciò che puoi afferrare è qualcosa che non sei, separato da te. Questo è l'essenza dello yoga.

Essere uno yogin vuol dire realizzare il proprio potenziale. Lo yoga è la sicenza di fermare ciò che va fermato e risvegliare ciò che va risveglaito; di distinguere tra ciò che sei e ciò che non sei. Una volta che hai avuto un bagliore della tua natura, di ciò che sei, tutto il mondo cambia. Allora puoi vivere nel mondo senza che quest'ultimo abbia il potere di distrarti. Sembra che in Occidente la ricerca delle cause, delle vie e dei mezzi per aiutare l'umanità abbia preso una direzione sbagliata sin dall'inizio. Stai ancora cercando le cause all'esterno, quando sono tutte interiori, nella profondità del tuo inconscio.

Lo yoga insegna che sei triste perchè non sei consapevole. Sei infelice perchè sei incosciente. Stai soffrendo pershè non sai chi sei.  E la prima cosa da fare è dharana. Nella mente ci sono troppi oggetti, è sovraffollata; abbandona questi oggetti, uno dopo l'altro restringi la tua mente e portala a un punto in cui resta soltanto un oggetto. La meditazione rivela le qualità della consapevolezza, mutando la consapevolezza individuale in consapevolezza cosmica. Prima si rivela l'oggeto, poi il soggetto. Quando la mente diviene una scosa sola con l'oggetto, ciò che è conosciuto e colui che conosce, non esistono più. E se non realizzi questo essere oltre il conosciuto e il conoscitore, hai sprecato la vita...

Come diceva Nietzsche, l'uomo non può vivere senza sogni, ha bisogno di illusioni e menzogne. Se non capiamo questo non ci può essere nessuno yoga.  La mente crea immagini, sogni e fantasie. Il presente è spesso un inferno e lo superiamo in attesa del domani o nel ricordo. Se non sei disposto a vivere il presente e ad abbandonare il dominio della mente, lo yoga non fa per te. Lo yoga è la cessazione della mente (sutra 1.2 yoga citta vritti nirodha)...

estratto da Yoga, l'energia che Trasforma
e Yoga: The alpha and the Omega,
di Osho Rajneesh

per approfondimenti: 
Yoga: The Alpha and the Omega, Vol 1 - Vol 10
www.oshorajneesh.com/download/osho-books/Yoga_Books/

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