Il mito della 'consapevolezza'

aprile 13, 2020



di Enrico Casagrande

Consapevolezza è uno tra i termini più diffusi nei contesti dello Yoga Occidentale. I suoi programmi di corso presentano la consapevolezza come uno tra gli obiettivi formativi posti a completamento di un determinato itinerario yogico. Si presentano in tal modo consapevolezza del proprio corpo, del proprio essere in relazione con il sé personale, della dimensione interpersonale, delle energie dei corpi sottili, del divino che dovrebbe abitarci o di quello transpersonale. L’elenco non si conclude a queste poche suggestioni ma può chiarire quello che l’offerta formativa attuale tende a presentare. La questione aperta è quella della necessità di favorire la comprensione che precede l’offerta formativa stessa al fine di permettere al fruitore dell’offerta yogica di accedervi con adeguati strumenti di comprensione. Nel presente lavoro si affronta pertanto il tema della consapevolezza partendo da un’analisi etimologica del termine per proseguire con il suo significato nell’alveo dello Yoga e i realistici guadagni che ne possono essere ottenuti anche alla luce del contributo delle neuroscienze che permettono di riflettere su informazioni di carattere cross culturalmente condivisibili.



Etimologia del termine

Il sostantivo consapevolezza è un derivato di consapere, sapere con. L’etimologia richiama quindi ad una qualità del conoscere che prende le mosse da un sapere all’interno del sé individuale e diviene quindi condivisibile se ci si trova nella condizione di poter padroneggiare una comune grammatica prima ancora di un comune sentire. L’individuo è perciò consapevole di una cosa o concetto qualsiasi a partire da un processo che gli permette di crearsi una rappresentazione stabile che, decantando, diviene un sapere identitario, quindi capace di retroagire sulla modalità di essere al mondo dell’individuo. Si trattasse di un sannyasin, di un rinunciante, l’essere al mondo è, in termini filosofici, un esserci sempre relazionale dato che pure in quest’ultima modalità il dialogo creativo con la divinità, la natura, i propri stati affettivi non si risolvono nella mancata interazione con altri sapiens per le ragioni qui esposte.

Gli Yoga Sutra: il corpo - mente

Le tecniche del corpo appartenenti al mondo dello Yoga si concentrano sul padroneggiare la mente: Yogas chitta vritti nirodha è l’espressione utilizzata dal saggio Patanjali per definire la natura dello Yoga ossia lo strumento in grado di interrompere le fluttuazioni della mente (Patanjali, Yogasutra, Pada I, 1,2). Le scienze occidentali che indagano il tema della mente trovano accordo sul fatto che la sua definizione debba essere comprensiva del corpo dato che oltre alle funzioni cognitive (linguaggio, attenzione, memoria, percezione) sono da includere stati affettivi percepiti generalmente dall’individuo a livello corporeo più esteso.
Lo Yogasutra parla di chitta vritti stabilizzate controllando intelletto (buddhi), ego (ahamkara) e livello sensoriale della mente (indryas) da gestire tramite le tecniche del ritiro dei sensi: sva vishaya asamprayoge chittasya svarupe anukarah iva indriyanam pratyaharah, Pratyahara, il ritiro dei sensi, consiste nell'abilità di rinunciare alle percezioni esteriori (Patanjali, Yogasutra, Pada II, 2,54). Il pensiero di Patanjali appare se non perfettamente sovrapponibile alla ricerca Occidentale quantomeno accostabile ad essa con discreta approssimazione. Ne segue che il concetto di consapevolezza da intendersi a questo punto come coscienza di uno stato psico-corporeo è osservabile anche in ambito yogico attraverso le più immediate lenti occidentali evitando in tal modo di possedere un’idea tanto vaga quanto imprecisa del lavorare sulla consapevolezza nel quale può incappare sia il praticante alle prime armi che l’istruttore ingenuo. Se la consapevolezza è il saper prendere le distanze dagli stati suddetti va chiarito quali guadagni ne possano quindi derivare.

Satipatthana e Mindfulness

La consapevolezza viene trattata in modo esplicito per mezzo della pratica della presenza mentale Satipatthana che, in lingua Pali, la lingua del Buddha storico, indica l’attenzione costante al passato come pure al presente mantenendo uno stato di sospensione del giudizio. L’ammonimento del Buddha è quello di evitare radicalmente non soltanto il giudizio ma anche il pensare alla contemplazione stessa dato che ciò sarebbe un’attività condizionante la pura consapevolezza (S. Piano, Cultura dell’India e filosofia dello Yoga, Magnanelli ed. p. 69, 2019, Torino). Le indicazioni sono precise e nell’essenza sono le medesime utilizzate dalle moderne tecniche della Mindfulness. Si contempla la mente come pure il corpo e le due dimensioni non possono essere distinte chirurgicamente dato che, ad esempio, la consapevolezza del respiro è di fatto una pratica del corpo con diretta correlazione con gli stati mentali. Se il corpo comunica una sensazione di disagio come all’opposto una di piacere la consapevolezza sarà la presa di distanza dove il praticante si “limita” ad osservare quanto accade evitando di esserne agito sul piano affettivo. Ciò che ne segue è un collocarsi fisiologico e simbolico al tempo stesso oltre alle proprie limitazioni più profonde per dare spazio a funzioni cognitive superiori igienizzanti e quindi benefiche.


I guadagni della consapevolezza

Riconoscere i propri stati affettivi o saper attivare processi metacognitivi, dove la persona riesce a riflettere sui propri processi cognitivi, presenta molteplici guadagni. Osservare il molteplice delle regioni dell’affettività ossia emozioni, stati d’animo e sentimenti senza per questo farsene travolgere qualora possano essere particolarmente intrusivi e dolorosi ha un’evidente ricaduta sul benessere della persona. Quest’ultima sarà capace, oltre che di approfondire la conoscenza del proprio funzionamento, anche di disinnescare, con la pratica, lo stesso default mode network negativo che la può attanagliare. Analogamente, i processi cognitivi elaborati a livello neocorticale, sono facilitati, anche alla luce della ricerca scientifica accreditata, dalle pratiche derivate dallo Yoga. Sappiamo che la meditazione, ad esempio, riducendo l’impatto della network sopra nominata, promuove le funzioni superiori del pensiero favorendo concentrazione e correlato distacco consapevole dal non sempre opportuno sé narrativo fisiologicamente integrato nel passato e nel futuro della persona e quindi lontano dalla consapevolezza del presente (Kathleen A. Garrison et al. Meditation leads to reduced default mode network activity beyond an active task, PubMed Central, sett - 2015).

Conclusioni

Ragioni evolutive fanno sì che l’essere umano sia programmato per autoregolarsi con l’ambiente in modo da favorire al massimo delle proprie possibilità la propria sopravvivenza. Allo stato fetale sono già presenti risposte autonome ai bisogni del singolo (F. Cartacci, La vita sotto le parole. Psicomotricità o arte dell’ascolto, da Ma di che corpo parliamo? A cura di I. Gamelli, p. 99, 2012). Tali risposte sono comportamenti che andranno a specializzarsi e diversificarsi lungo gli stadi della vita, data la naturale risoluzione del rapporto madre-figlio. I comportamenti d’autoregolazione raggiungono il grado ottimale quando la persona può essere in grado di orientarsi nei contesti d’appartenenza in piena autonomia sia personale (cura della propria persona) che sociale (competenza relazionale e di movimento nei contesti di vita) sapendo attivare comportamenti finalizzati allo scopo. Pianificare un compito, modificare un comportamento automatizzato per rispondere alle esigenze dell’ambiente, inibire comportamenti impulsivi e svantaggiosi per sé come per gli altri sono competenze necessarie che possono essere potenziate oltre che apprese. Potenziarle significa essere consapevoli dei propri stati affettivi e cognitivi. Una strada per giungere a questa forma di consapevolezza può essere quella delle pratiche del corpo ed in particolare quella dello Yoga. I percorsi di formazione alla consapevolezza potrebbero mirare a quanto qui indicato dichiarando ad inizio percorso programmi ed obiettivi evitando di evocare concetti non troppo chiari se non persino connotati da contenuti misticheggianti che deluderanno le attese degli utenti del corso e squalificheranno l’immagine già non sempre compresa e apprezzata adeguatamente dell’universo dello Yoga.

Riferimenti

F. Cartacci, La vita sotto le parole. Psicomotricità o arte dell’ascolto, da “Ma di che corpo parliamo?  I saperi incorporati nell’educazione e nella cura” a cura di I. Gamelli, ed. Franco Angeli, 2012, Milano
Kathleen A. Garrison et al. Meditation leads to reduced default mode network activity beyond an active task, PubMed Central, 2015, MD
Patanjali, Yogasutra, a cura di L.V. Arena, BUR Rizzoli, 2017, Milano
S. Piano, Cultura dell’India e filosofia dello Yoga, Magnanelli ed. 2019, Torino

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